Lettera aperta per la ricerca
Appello di ricercatori al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e al Ministro dell'Istruzione, Università e Ricerca on. Profumo.
Ecco il testo della lettera
Illustre Presidente Napolitano, Illustre Ministro e Collega Profumo,
l'emergenza economico-finanziaria che ha colpito buona parte del mondo occidentale e che sta producendo danni gravissimi sulla stabilità socio-economica dei Paesi coinvolti, Italia inclusa, richiede una riflessione profonda su alcuni elementi strutturali che oggi rappresentano l'ostacolo principale al recupero della nostra competitività.
Tra questi elementi c'è senza alcun dubbio la scelta di un "modello di sviluppo senza ricerca" perseguito negli ultimi 30-40 anni: ci hanno assistito, a fronte di questa sostanziale assenza, fattori di complemento come la svalutazione, il basso costo del lavoro, alcune eccellenze manifatturiere, etc., che oggi non sono più in grado di sostenerci.
Da molti anni, anche grazie al Suo convinto sostegno, Presidente Napolitano, e molto spesso con la Sua adesione, Ministro Profumo, abbiamo chiesto a gran voce un sostanziale cambiamento di strategia negli investimenti e nella cultura del Paese a favore del sistema ricerca e innovazione. Abbiamo denunciato l'inadeguatezza dei parametri strutturali di questo settore che conta un numero di ricercatori, raffrontato al numero totale di lavoratori italiani, di circa la metà rispetto alla media europea; un'irrisoria percentuale di PIL dedicata; una caratterizzazione del sistema industriale, tanto rispetto alla specializzazione produttiva quanto rispetto alla misura aziendale, poco compatibile con gli investimenti in ricerca. Abbiamo ritenuto nostra responsabilità coinvolgere le Istituzioni del Paese e offrire la nostra piena disponibilità a collaborare per trasformare questi elementi strutturali.
Ecco perché oggi ci sentiamo in difficoltà e in imbarazzo di fronte alla notizia, riportata dalla stampa, di un progetto di trasformazione del sistema della ricerca pubblica nazionale. Un progetto che cancellerebbe in un sol colpo tutti gli Enti di Ricerca vigilati dal MIUR e li ricomporrebbe dentro un nuovo Ente che porta lo stesso acronimo di uno di essi: il CNR. Oltre alla costituzione di un'Agenzia per il finanziamento della ricerca e a quella di un'Agenzia per il trasferimento tecnologico. Una sorta di modello tedesco, senza però gli investimenti che i tedeschi sono in grado di garantire a quel modello.
Ma sono proprio le condizioni al contorno in cui questa Riforma si inserisce che ci sollevano enormi perplessità e che rendono perfino fuorviante discutere del merito.
La prima condizione, la più grave, sarebbe da riferirsi alla genesi stessa di questa riforma: essa nascerebbe per ottenere una riduzione di finanziamento e non a caso verrebbe inserita nella Legge di stabilità per il 2013 nella voce dei "risparmi" e non certo in quella degli "investimenti". Se davvero una trasformazione così importante di tutto un settore si facesse senza investire ingenti risorse, significherebbe destinare a fallimento l'operazione e si correrebbero enormi rischi di messa in stallo del sistema. Abbiamo assistito negli anni scorsi ad alcuni accorpamenti tra enti di ricerca e sappiamo come, soprattutto senza risorse significative da investire, quelle operazioni abbiano introdotto inerzie, rallentamenti e ricadute negative sulla produttività dei ricercatori.
La seconda condizione riguarda i tempi e la definizione del Progetto. I due aspetti sono strettamente correlati. Non sappiamo da quanto tempo e con chi il Ministro stia lavorando a questa Riforma, né lo stato di avanzamento di un tale lavoro, ma sarebbe impensabile che dalla pubblicizzazione alle comunità di riferimento alla sua approvazione, passassero poche settimane. C'è l'esigenza di comprendere con attenzione come si cala la riforma nei vari ambiti di competenza e per questo non si può prescindere dal contributo degli scienziati dei vari settori coinvolti. Vanno ascoltate con attenzione le differenti istanze e problematiche; sono in discussione le fusioni di molti sistemi organizzativi di natura a volte molto differente, di complicate procedure e pratiche spesso svolte con metodi e approcci del tutto diversi.
La terza condizione, riguarda lo stato dei sistemi, la loro capacità di recepimento e di adesione ai progetti di trasformazione positiva; gli enti di ricerca coinvolti sono nella loro fase di applicazione della Riforma precedente, avviata con la realizzazione degli statuti autonomi nel 2010; alcuni di loro, il CNR per esempio, ha appena varato i nuovi Dipartimenti dandosi una nuova veste organizzativa con la ridefinizione delle afferenze della rete scientifica. La riforma Gelmini è tuttavia solo l'ultima di una serie di riforme che ne può contare tre negli ultimi quattordici anni: spesso del tutto divergenti negli obiettivi finali e tutte senza investimenti finanziari aggiuntivi. E' evidente lo scetticismo che coglierebbe gli operatori rispetto all'ennesima riforma a costo zero e che stravolge di nuovo l'intero sistema. Si può pensare che un sistema di ricerca non trovi mai stabilità? Qual è il costo di questo continuo ridisegno, senza reali prospettive, dei sistemi?
Non verrà da noi una richiesta di immobilismo. Ella signor Presidente ne è testimone. L'abbiamo reclamato più volte: è necessario invertire il modello di sviluppo del Paese e avviarci nella società e nell'economia della conoscenza con determinazione e con urgenza. E' per questa ragione che non si possono alimentare illusioni fuorvianti. Si rischierebbe di compromettere anche le giuste, importanti, profonde convinzioni di chi ritiene che il settore conoscenza e ricerca sia la vera chiave di volta per la fuoriuscita del Paese dalla crisi, aggravando così il declino su cui l'Italia è avviata.
Per tutto ciò Illustre Presidente e Illustre Ministro, Vi chiediamo di non includere questa Riforma nella Legge di Stabilità e di fare in modo che si possa avviare, prima di qualsiasi atto legislativo e anche valutando elementi della Riforma medesima, un ampio tavolo di discussione per il rilancio del settore che possa contare su seri investimenti e significative partecipazioni.
Con Stima.