Marcello Sala

LO SCIENZIATO NELL’ISOLA DESERTA

Un contesto interattivo per mettere in gioco

l’immaginario sulla scienza

- pubblicato in-

NATURALMENTE 

n. 1 / 2006

Accademia Editoriale

 

 

Studi sulla percezione pubblica della scienza basati su strumenti quali i focus group o le interviste aperte, fanno emergere le premesse culturali meno consapevoli che interagiscono profondamente, nel costruire l’immagine di scienza e di scienziato, con le informazioni che provengono dai media o dalla scuola.

In queste situazioni bambini di otto anni propongono con evidenza l’immagine dello scienziato come mago, con il suo potere di manipolazione e trasformazione che salva e distrugge, oltre che come inventore e costruttore. Questi risultati sono stati interpretati come l’emergere di miti profondamente stratificati nella cultura [1]. L’ipotesi è molto interessante e induce a domandarsi se, quando si parla di miti, ci si riferisce più a qualcosa che abita l’inconscio della specie o a rappresentazioni culturali geograficamente e storicamente connotate.

Ma ci si può domandare anche quanto la risposta dipenda dal tipo di dispositivo entro il quale i bambini si sono espressi. La richiesta di inventare una storia crea una situazione fortemente “proiettiva”, molto efficace per far emergere le immagini assorbite dalla cultura in cui i bambini sono immersi e le loro connotazioni emotive; tuttavia tende anche a confinare la loro creatività espressiva entro i limiti imposti dagli stereotipi narrativi propri del linguaggio della fiaba, che per i bambini è un “mondo”, un contesto specifico, con i suoi sfondi e i suoi script.

Nel rapporto processuale di ogni individuo con la cultura in cui si trova a vivere c’è l’aspetto più “passivo” dell’inculturazione, come acquisizione di una indispensabile dotazione per la sopravvivenza nel gruppo sociale, e c’è l’aspetto più “attivo” del contributo, per quanto piccolo, che ogni individuo fornisce, nella interazione sociale, al mutamento della cultura nel tempo della storia. Il contesto fiaba mette bene il luce il primo aspetto; perciò può essere interessante provare a cambiare il dispositivo, rendendolo più adeguato a far emergere anche il secondo aspetto, proponendo una situazione in cui sia stimolato un gioco di decostruzione e ricostruzione delle immagini culturali sullo scienziato e la scienza e in cui sia più attiva l’interazione sociale attorno all’oggetto.

L’esperienza è stata realizzata nell’ambito di “Scienza under 18”, una manifestazione che si pone l'obiettivo di "mettere in mostra" la Scienza degli studenti; consiste in uno spazio strutturato dove, per alcuni giorni, gli studenti, dalla scuola dell’infanzia alle superiori, presentano ad altri studenti i progetti sulla scienza che hanno preparato durante l'anno [2].

Durante l’edizione 2004, nella sede milanese, uno dei membri dell’équipe della manifestazione ha proposto ad alcuni studenti [3] di “collaborare a una ricerca sull’immaginario della scienza, partecipando a un gruppo di discussione”. I ragazzi coinvolti hanno 12-13 anni e hanno alle spalle un percorso di educazione scientifica particolarmente significativo, inoltre l’esperienza è unica (l’incontro con un secondo gruppo non è documentato); perciò non si tratta di comparare i risultati con quelli di altre ricerche più documentate, ma di raccogliere qualche elemento, che si ritiene rappresentativo, utile per mettere a punto le ipotesi di ricerca.

La situazione, come si vedrà, è riconducibile per certi versi a un gioco di ruolo, ma il setting è assimilabile a quello di un focus group,. La conversazione, di cui si riportano qui spezzoni significativi, è stata registrata con il consenso dei partecipanti. Oltre al “conduttore”, i/le singoli/e partecipanti sono individuati/e ciascuno/a con una lettera.

Scienziato vs. tecnico

CONDUTTORE – “Facciamo che io ero” un regista che deve scrivere la sceneggiatura di un film; si tratta cioè di stabilire che cosa si vede e si sente nel film. Alcune cose sono state già decise e ve le dirò man mano, altre non ancora e a voi chiedo di aiutarmi a deciderle.

Il film inizia con un disastro: un aereo precipita in mare e c’è un unico superstite che arriva su un’isola deserta.

Il primo punto su cui dobbiamo decidere è: il protagonista sarebbe meglio che fosse uno scienziato o un tecnico? Questo pensando che dobbiamo costruirci un film sopra.

Questo incipit, che definisce il contesto e le “regole del gioco” ha alle spalle alcune ipotesi: che il contesto “film” fornisca un repertorio di immagini, di sviluppi narrativi, di sfondi valoriali ecc. molto vario; che la progettazione richieda coerenza e quindi attenzione all’oggetto; che la costruzione della sceneggiatura si realizzi in scelte, cioè in continui atti volontari; che in un contesto di gruppo queste scelte richiedano una esplicita contrattazione e mediazione; che tutto ciò dovrebbe rendere meno facile l’abbandono inconsapevole al flusso degli stereotipi narrativi; che questi ultimi non ne verrebbero eliminati, ma potrebbero essere inseriti in un gioco di ricombinazioni, in cui i ragazzi intervengono in modo attivo.

Nello specifico, il “naufrago sull’isola deserta” è sicuramente uno stereotipo narrativo, ma i modelli a disposizione dei ragazzi sono molto diversificati, non si limitano a “Robinson Crusoe”, variando da “Castaway” a “L’isola dei famosi”.

C – Ci vedo di più uno scienziato che fa degli esperimenti che un tecnico che si mette lì a fare delle prove - che ne so - degli alberi.

D – Secondo me uno scienziato perché è più adatto: può inventarsi e costruire molte più cose per risolvere vari problemi che un tecnico [...] può inventarsi tutto.

G – Uno scienziato perché – boh?- vedo che, come idea, conosce più la natura, sa come usare gli elementi; cioè, se si trova in una brutta situazione, sa come uscirne.

La differenza tra le due figure sembra essere centrata sulla specializzazione, maggiore per il tecnico, che riduce la sua capacità di adattamento; lo scienziato ha un maggiore campo di azione, caratterizzata dall’invenzione. Anche la distinzione tra “esperimenti” e “prove” sembra potersi ricondurre a questa differenza. Da notare però che nessuno dei ragazzi pone il problema di definire meglio il campo disciplinare della professionalità: in un’isola deserta fa differenza essere un tecnico delle colture arboree rispetto a uno scienziato esperto in fisica delle particelle, oppure uno zoologo rispetto a un tecnico informatico.

NAUFRAGO

CONDUTTORE – [...] allora la prima scena sarà: questo che si sveglia si guarda intorno… qual è la prima cosa che fa?

G – Gira un po’ l’isola, vede quello che c’è sull’isola, se è abitata…

F – Anche secondo me cerca tracce di persone, di un villaggio, oppure di qualche altro superstite.

E – Secondo me osserva l’isola e vede se c’è qualche altra persona…

D – Secondo me osserva l’isola e guarda se ci sono altre persone insieme a lui sull’isola.

Il comportamento del naufrago sembra essere quello di una qualsiasi persona in tali circostanze, tuttavia si può considerare una caratterizzazione della sua professionalità di scienziato l’azione dell’ “osservare”, del “cercare tracce” o forse più in generale l’atteggiamento dettato dalla curiosità.

C - Secondo me prima cerca di scoprire cosa è successo.

CONDUTTORE - Cosa è successo… ti riferisci all’incidente dell’aereo?

C – Sì, magari trova la scatola nera.

Questo intervento divergente sottolinea ancor di più l’aspetto della curiosità, da una parte “gratuita”, ovvero senza apparente legame con i bisogni immediati, e dall’altra molto “professionale”, come indica il riferimento alla “scatola nera”, che prende la forma di una indagine.

CONDUTTORE - ... la cosa che succede è che arrivano dal mare dei rottami dell’aereo. Anche qua come sceneggiatori possiamo decidere noi che cosa far arrivare, pensando a che cosa può rendere più interessante il film dopo, e anche pensando che sia un po’ logico.

Ancora si tiene viva la contestualizzazione della conversazione come progettazione. La necessità della coerenza induce atteggiamenti di invenzione e soluzione di problemi caratterizzando la comunicazione come interazione co-costruttiva.

A – Secondo me trova oggetti vari come… che gli possono essere utili… tipo... bussole… non so… pezzi di paracadute che possono servirgli per costruire qualcosa... pronto soccorso.

La bussola sembra appartenere più al corredo tecnologico da cui lo scienziato è dipendente, mentre i pezzi di paracadute fanno più riferimento a una sua capacità di inventare tecnologia e di trasformare.

C – Secondo me potrebbe essere o... sì vari oggetti oppure anche la sua… la sua – diciamo - valigia che aveva con dentro tutte le sue cose… che potrebbe essergli utile per rimanere lì in quell’isola o per andarsene.

Il “corredo” dello scienziato, che potrebbe comprendere tutte e due gli aspetti segnalati sopra, qui sembra anche mostrare, nella sua indefinitezza e misteriosità, lo scarto tra la sua padronanza e familiarità con gli strumenti da cui noi non-scienziati siamo tagliati fuori.

C – Non so… magari dei fogli con scritte delle sue idee, magari buttate lì così, che poi sull’isola, visto che c’è pace e c’è di tutto, potrebbe… mettere – diciamo - a fuoco.

CONDUTTORE - Finalmente trova il tempo per…

C – Esatto!

Fa la sua comparsa la “serendipity” come incontro tra due elementi entrambi necessari: l’occasione propizia e incongrua ma anche il sapere accumulato.

E – Magari pezzi del motore dell’aereo che possono servirgli poi nel progetto per riuscire a scappare, per energia: montarlo su una barca e scappare.

Qui prevale l’idea dello scienziato inventore strettamente legata alla tecnologia.

Il “paradigma indiziario”

CONDUTTORE - Un’altra cosa che succede quasi subito è che lui, andando in giro, trova delle impronte per terra… di animali – diciamo – e quindi… cosa fa appena vede queste impronte?

G – Le segue e cerca di capire di chi sono, anche perché se è un animale lo può mangiare.

F – Sì: le analizza, capisce dove portano, di che animale sono, se può essere […]

CONDUTTORE - Capisce di che animale sono guardando le impronte?

F – Sì.

E – Sì, segue le impronte, guarda dove vanno e capisce che animale è, se è un animale che conosce o no.

Viene associata alla professionalità dello scienziato l’idea del sapere acquisito, che può essere applicato al caso particolare per ricondurlo all’ordine razionale.

D - Secondo me, essendo uno scienziato, magari anche solo dalle impronte riesce a capire che animale è e poi, seguendo queste impronte, accertarsi.

Viene associata alla professionalità dello scienziato l’idea del sapere acquisito, che può essere applicato al caso particolare per ricondurlo all’ordine razionale. Un particolare importante: “accertarsi” rimanda alla verifica sperimentale, al riferirsi ai fatti.

C - Secondo me analizza le impronte e capisce se l’animale è grande, se è pericoloso… e se lo conosce.

Ecco un altro aspetto fondamentale del pensiero scientifico: la deduzione, il ragionamento per inferenza regolato dalla logica.

CONDUTTORE - Un altro punto del film è che, come tutti i naufraghi su un’isola deserta affidano un messaggio al mare nella bottiglia. Il problema è che questo messaggio deve essere molto corto perché la bottiglia è piccola, non ha la carta… ci sono una serie di impedimenti per cui lui deve comunicare solo la cosa più importante. In queste – diciamo -  tre righe che cosa scrive?

Il conduttore propone la situazione “messaggio nella bottiglia”: le soluzioni dei ragazzi mettono in evidenza la capacità di dedurre, di applicare le conoscenze al caso particolare, di osservare, di identificare “pattern”, ovvero forme emergenti dallo sfondo, e di intuirne la pertinenza. C’è un richiamo al “paradigma indiziario” dell’indagine che accomuna scienziato e investigatore (forse la fonte di questa idea sono i film).

A - Può scrivere… chiedere aiuto e… far presente che è da solo…

B - Sì, anche secondo me naturalmente la prima cosa sarebbe chiedere aiuto, poi cercare di descrivere più o meno dove crede di essere - non so – per esempio anche sentendo com’è il clima, più o meno, secondo lui; essendo uno scienziato, magari dal clima comunque riuscirebbe a riconoscere in che fascia si trova.

Ancora la capacità di deduzione, di applicare le conoscenze al caso particolare. Il clima viene individuato come un campo di studio affidato agli scienziati.

C – Secondo me chiede aiuto e descrive alcuni particolari dell’isola che possono aiutare a capire dove si trova.

D – Chiede aiuto […] e guarda i particolari che possono essere utili per farlo ritrovare.

Qui è la capacità di osservazione ad essere individuata come caratterizzazione dello scienziato, pertinente alla situazione. C’è anche qui un richiamo al “paradigma indiziario” che accomuna scienziato e investigatore.

E – Chiede aiuto e guarda i particolari e descrive un po’ cosa è successo anche […]

F – Anche secondo me chiede aiuto perché comunque è la prima cosa a cui uno pensa; anche se è uno scienziato, la prima cosa cui uno pensa è salvarsi la vita. Chiede aiuto e basta.

Quel “anche se” fa presupporre come sfondo una percezione dello scienziato come lontano dalla normalità dei comportamenti umani, in particolare dalle preoccupazioni della quotidianità o dalle necessità della vita.

G - Chiede aiuto e… secondo me lui sa dov’è, perché comunque in un aereo sai dove sei… e dice dove è caduto più o meno l’aereo… a che altezza…

CONDUTTORE - Eh sì, si presuppone che almeno la linea…

G – Magari sa quanto tempo è passato da quando è partito e, sapendo l’orario, sa più o meno dove è caduto.

Ecco in azione il “procedimento indiziario”.

CONDUTTORE - Quindi può dare indicazioni sul luogo… Allora le idee erano… dato che tutti avete detto che chiede aiuto, quindi non decide di stare lì, cioè pensa comunque di farsi venire a prendere… come dice lei “anche se è uno scienziato…”… le indicazioni erano: la collocazione dell’isola dedotta dalla rotta dell’aereo e dal tempo passato, altre erano su come è fatta l’isola, indicazioni sia generiche, come il clima e quindi una certa fascia, sia anche, mi sembrava dicesse qualcuno, magari dei dettagli…

C - Dei particolari.

CONDUTTORE - … che ti fanno capire che è esattamente quell’isola lì, magari qualcuno la conosce.

C – Magari può trovare un particolare - che so?- una particolare roccia che ha una certa forma.

Qui il riferimento è a un’altra caratteristica del pensiero scientifico: la capacità di identificare “pattern”, forme emergenti dallo sfondo, strutture, e di intuirne la pertinenza.

Il rapporto con la natura

CONDUTTORE - Sapete che nei film ogni tanto si chiude la scena e compare la scritta “un anno dopo”.  Si riapre l’inquadratura e... che cosa si vede?

[...]

B – Secondo me è un po’ cambiato, è un po’ più selvaggio però in sintonia con la natura, ha imparato cos’è questo animale, ha imparato a cavarsela... cioè è meno professionale come scienziato però ha imparato a conoscere la natura.

Dunque per imparare a conoscere la natura occorre entrare in sintonia con essa e diventare un po’ meno scienziato: qui c’è l’intuizione di una contraddizione fondamentale che nasce con Bacone e che pure nella nostra società tende a venire sottaciuta: lo scienziato che ha come oggetto del proprio lavoro la natura costituisce anche, attraverso lo sviluppo della tecnologia, il maggior pericolo per la natura; la contraddizione è evidente soprattutto nella cultura scolastica, dove viene attribuito valore positivo sia all’ecologia che alla tecnologia, senza problematizzare la relazione tra le due.

D - Mah, io lo vedrei come un… no, no un barbone, un selvaggio però all’incirca. Cioè, se prima era una persona tutta precisa, adesso non lo è più.

Affiora la caratterizzazione, stereotipo forse, dello scienziato basata sulla “precisione”. Qui però il contesto del discorso (la “casetta sull’albero” di cui parlano i ragazzi marca una situazione piacevole) sembra sfumarla verso una certa “rigidità” da cui le circostanze lo liberano. La condizione di “selvaggio”, che verrà sviluppata negli interventi seguenti, sembra una regressione ma anche un positivo adattamento.

CONDUTTORE - S’è un po’ lasciato andare.

D – Esatto!

E – No… lui che comunque è diventato mezzo… uno scienziato mezzo pazzo perché ormai era andato fuori di testa e che cerca di costruire qualcosa, che però non saprei… cioè un qualche arnese che gli servirà, tipo una lancia.

Compare l’altro stereotipo dello “scienziato pazzo”, anche se qui è pertinente alla situazione di solitudine.

CONDUTTORE - Bisogna essere molto precisi sui dettagli perché si deve capire tutto da quello che si vede.

E – Tipo una lancia o un arco, comunque oggetti che gli servono per cacciare.

CONDUTTORE - Però, facendo questi esempi, pensi a oggetti molto primitivi?

E – Sì.

[...]

F – Invece io la vedo più come una scena mattutina. Inizia tutto con – non so – lui che in questa casetta di legno, fatta con le palme, così… e che magari si vedono le ceneri del focolare della sera prima, lui che esce, si vede che è più ambientato, perché magari va direttamente a pigliare una noce di cocco, piuttosto che… non lo so, e comunque questo dà la prova che si è più ambientato; poi certo, come dicevano loro, non è più il precisino, ma un po’ più selvaggio, e proprio si vede… cioè, come per dar la prova che si è adattato.

La condizione di “selvaggio” sembra una regressione, ma anche un positivo adattamento.

A – Secondo me invece lui nel frattempo è stato rintracciato, è tornato a casa e quindi si è sposato ed è tornato nell’isola con sua moglie per fare i suoi studi. Quindi la prima scena sarebbe che lui è con sua moglie, e magari anche con suo figlio, e che studia…

Questo intervento è in conflitto con i precedenti in quanto sembra rifiutare la “regressione antropologica”; difficile dire se questo rifiuto è riferibile a motivazioni emotive (proiezione di una propria inquietudine rispetto a una situazione difficile) oppure a una visione culturale relativa alla figura dello scienziato (che non è in vacanza, ma studia).

CONDUTTORE - Colpo di scena!. Ma in questa inquadratura si vede – che ne so?-  che è arrivato con tutta l’attrezzatura, tipo una nave...?

A – Si è costruito una casa e si vede che c’è un aereo, una barca per tornare indietro e… si è sistemato.

CONDUTTORE - Quindi è tornato con tutte le cose della… vita tecnologica.

A – Sì.

CONDUTTORE - Beh, questi sono due aspetti… Però nessuno di voi ha pensato… un pochino sì ma non troppo… avete insistito di più sull’adattamento che non sulla costruzione di cose tecnologiche.

B – Secondo me, se non si fosse adattato, comunque prima o poi la fine sarebbe stata quella, quindi… cioè come fare una […]: se non si adatta, è ovvio, forse neanche sei mesi…

CONDUTTORE - No, in questo senso: poteva essere che l’inquadratura si apre su una radio che lui si è costruito con i pezzi dell’aereo, invece avete pensato più, mi pare, che si fosse adattato all’ambiente naturale.

B – Forse nessuno di noi l’ha pensato, perché forse uno che si trova su un’isola deserta non è proprio… anche in sei mesi non so se riesce a mettersi lì e ricostruire una radio, cioè… boh?

Un sano scetticismo realistico da contrapporre a un atteggiamento della nostra società fin troppo fiducioso rispetto al “progresso” della scienza e alle sue capacità di risolvere qualunque problema (anche “non scientifico” come la fame nel mondo ecc.).

CONDUTTORE - A questo punto bisognava modificare un po’ la prima scena dove recupera i rottami dell’aereo: magari trova dei pezzi…

C – Magari si è messo a fare ricerche e ha scoperto una pianta che cura il cancro.

È il tema della serendipity, della scoperta casuale, ma anche della passione per la ricerca dello scienziato, irriducibile alle circostanze. E c’è anche l’idea della missione della scienza e della fiducia in essa come risolutrice dei problemi dell’umanità [4].

D – Oppure degli animali sconosciuti.

Qui è più forte l’aspetto di ricerca “pura”.

CONDUTTORE – Quindi continua le ricerche che faceva a casa sua?

D – Sì però dove lavorava non aveva avuto occasioni per fare scoperte importanti.

Oltre alla serendipity, si apre uno squarcio su scenari di sociologia della scienza: problemi di carriera, relazioni di potere, condizioni di lavoro, finanziamenti…forse.

Normale pazzia o pazza normalità

CONDUTTORE - Queste caratterizzazioni che avete dato dello scienziato, come si comporta, le sue tendenze... vi vengono più da film o romanzi o più da informazioni che avete sulla vita di scienziati veri…?

è un tentativo di passare a un meta-livello nella conversazione, sia per rendere i ragazzi partecipi del contesto, sia per verificare se sulla conversazione abbiano potuto operare deformazioni sistematiche.

B – Secondo me dal vero, perché uno scienziato che è su un’isola deserta cerca prima di salvarsi la vita piuttosto che di scappare: è istintivo, è normale, non è una cosa tanto da film; è una cosa che potrebbe succedere davvero.

Nel “vero” ci mette la “normalità psicologica” dello scienziato, a ribadire, come già notato più sopra, una rappresentazione culturale che invece lo vede come non normale.

...

B - ... in un film ci metti le cose che fanno più scena: lo scienziato pazzo o geniale; se metti le cose normali non lo guarda nessuno.

Questo dimostrerebbe che i ragazzi di questa età, pur essendo ancora immersi con il loro immaginario nell’immaginario filmico, sono perfettamente consapevoli della deformazione intenzionale di questo rispetto alla realtà e in generale della differenza dei contesti.

CONDUTTORE - Torniamo un momento sul dettaglio dello “scienziato pazzo”: eri tu che dicevi che dopo un po’ era fuori di testa? Dovendo però pensare, come al solito, che il film si fa attraverso le immagini o quello che dicono i personaggi (non c’è una voce che spiega), da che cosa si capiva che era un po’ fuori di testa?...  tra i vari pazzi come si fa a distinguere lo scienziato pazzo – che so?- da un ragioniere pazzo?

E - Perché cercava di inventarsi qualcosa per sopravvivere, per costruire armi per poi cacciare, per lo più cose che doveva mettere nella sua casetta, faceva riparazioni alla casetta; invece se uno proprio pazzo è lì solo non penso che riesca a connettere qualcosa.

Viene sancita una superiorità comunque dello scienziato, anche in condizioni di “pazzia”, oppure l’idea che l’asse pazzia-normalità è ortogonale a quello delle competenze scientifiche e che quindi la pazzia non incide su di esse. Da notare che lo scienziato nella sua regressione antropologica a “selvaggio” o psicologica a “pazzo”  appare più caratterizzato come “tecnico”.

B – Io non lo vedo come pazzo nel senso da ridere, io lo vedo più come… cioè, se dovesse diventare pazzo lo vedo più come isterico, cioè che comunque diventa pazzo perché non ce la fa più, perché […] se impazzisce diventa isterico… sì giusto!

CONDUTTORE - Cioè tu dici: mentre un pazzo che fa un altro mestiere può essere divertente…

B – Cioè – non so - forse lei voleva dire la stessa cosa: però magari un pazzo da ridere… cioè questo qua che parla da solo, che si inventa le cose è più da ridere, io lo vedo più come una pazzia di uno che non riesce a fare delle cose e si arrabbia, comincia a chiedersi perché è andato su quell’aereo, perché doveva far ‘sta vita – non lo so –

E – Anch’io la penso come lei: che pensa “perché sono salito su quell’aereo? Se non ci andavo non capitavo su quest’isola”

B – Inizia a pentirsi di tutte le cose che ha fatto, che poi magari non ce n’è motivo, che poi si trova lì su quell’isola e non sa cosa fare e non riesce ad andare avanti.

E – Sì, comunque è più abituato ad avere le sue cose sotto mano.

B – Gli cambia completamente la vita.

Insomma la “pazzia” dello scienziato è la sua normalità, il suo essere scienziato, ovvero il suo essere capace di mettere ordine al mondo, di credere in questo ordine fino a investire troppo sulla prevedibilità.

Rappresentazioni aperte dinamiche critiche

In conclusione si conferma che l’immaginario dei bambini ricava il suo materiale dal bagno di cultura in cui sono immersi. Perciò si ritrovano gli stereotipi che accompagnano la figura dello scienziato nella sua rappresentazioni culturale diffusa.

Tuttavia, in un contesto in cui l’interazione provoca una co-costruzione di discorso, queste rappresentazioni appaiono più aperte, dinamiche e critiche rispetto al contesto “fiaba”. Ovviamente conta anche l’età dei ragazzi, ma vale la pena di evidenziare alcuni aspetti specifici. Intanto la varietà delle immagini, che non restituiscono la figura dello scienziato “tutta in una volta”, ma che lo caratterizzano in modo parziale e relativo a contesti e situazioni; per comporre il quadro devono perciò combinarsi e interagire tra di loro. Poi le rappresentazioni appaiono più sfumate, meno emblematiche o meno caricaturali; e questo sembra legato a un maggiore riferimento alla realtà, da una parte la realtà dell’esperienza di vita quotidiana dei ragazzi stessi, dall’altra la realtà degli scienziati “veri” come può essere conosciuta attraverso fonti di informazione sociale come i libri (scolastici) o i media.

La realtà è anche il luogo di mediazione delle contraddizioni, di attenuazione degli estremi e questo porta a un altro aspetto interessante. Le rappresentazioni dello scienziato appaiono più dialettiche: all’autoaffermazione legata al ruolo si affianca la missione sociale e la curiosità gratuita, alla casualità della scoperta si affianca lo studio, alla pazzia l’ordine; caratterizzazioni contraddittorie ma interagenti, e quindi in definitiva più aperte a una rielaborazione critica. E qui la consapevolezza meta-cognitiva che i ragazzi dimostrano di possedere ha probabilmente un ruolo. 

Sicuramente un ruolo fondamentale ce l’ha il contesto interattivo della conversazione, che per i bambini, diversamente che per gli adulti [5], è un luogo di co-costruzione di rappresentazioni [6] e non soltanto di confronto, di esercizio retorico o di competizione.

 



[1]  Yurij Castelfranchi (2004), Per una paleontologia dell’immaginario scientifico, in La comunicazione della scienza, Zadigroma.

[2]  L’iniziativa, nata nel 1998, su iniziativa di un gruppo di insegnanti dell'area scientifica della SMS Rinascita “A. Livi” di Milano, si svolge in collaborazione con l'Associazione Rinascita per il 2000, il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci" di Milano, l’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia. La manifestazione è gestita da una rete di scuole e negli ultimi anni, oltre a Milano, si è svolta anche nelle sedi di Monza, Pavia, Rozzano, Mantova (http://www.scienza-under-18.org).

[3]  Si tratta di studenti delle classi seconde e terze (a.s. 2003-2004) della S.M.S. Carlo Porta e dell’Istituto sperimentale Rinascita A. Livi di Milano.

[4]  Marcello Sala (1997), I “super premi Nobel”, in  Cooperazione Educativa  n. 1/1997, La Nuova Italia.

[5]  Marcello Sala (2004), Il volo di Perseo, Junior.

[6] C. Pontecorvo,  A.M. Ajello,  C. Zucchermaglio (1991), Discutendo s'impara, La Nuova Italia Scientifica 1991, Carocci 1998.