Marcello Sala
IL LINGUAGGIO PER
COMUNICARE L’EVOLUZIONE
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-pubblicato
in-
NATURALMENTE
n. 4 / 2009
Naturalmente Scienza Pisa
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Come parlano di evoluzione
studenti di 17 anni: tipi di errori concettuali
Ho chiesto a studenti di 17 anni di rispondere in non più di
tre righe e in non più di 3’ alla domanda che cos’è l’evoluzione?.
Non riporto dati statistici: non si tratta di una ricerca
quantitativa; la prospettiva è quella del formatore che si occupa dello
sviluppo della conoscenza scientifica dei bambini e in generale dei non
esperti. Intendo sottoporre all’attenzione degli insegnanti e di coloro che
fanno comunicazione scientifica il problema che sollevano le risposte che
seguono, che sono condivise in forme simili da almeno la metà dei ragazzi
interpellati (due classi di liceo a orientamento bio-sanitario, che quindi
hanno studiato l’evoluzione). Sono convinto che chiunque possa ottenere
risposte simili in qualsiasi scuola e che siano risposte significative in
merito alla conoscenza dell’evoluzione in Italia oggi.
Le circostanze della produzione di queste risposte fanno parte
di una tecnica formativa; i limiti stringenti di tempo e spazio imposti non
consentono di elaborare risposte esperte, ma favoriscono l’emergere
delle rappresentazioni culturali più diffuse e più profondamente radicate
nel contesto sociale in cui i soggetti vivono.
L’evoluzione è un cambiamento fondamentale nel corso della vita.
... è un processo con il quale un organismo animale o vegetale cambia quindi si evolve.
Le evidenziature
mostrano errori concettuali; in questo caso: l’evoluzione è un cambiamento delle
specie viventi che si realizza attraverso il succedersi delle
generazioni; è un fenomeno di natura e di scala completamente diversa
dallo sviluppo del singolo organismo nell’arco della sua esistenza (errore
di tipo individuo).
... rappresenta dei cambiamenti che portano una specie a
cambiare delle proprie parti o delle proprie abitudini per adattarsi meglio all’ambiente e per riuscire a
sopravvivere.
La direzione dell’evoluzione
non è necessaria né casuale, ma contingente: l’evoluzione non è finalizzata
(errore di tipo finalità).
... rappresenta dei cambiamenti che portano una specie a
cambiare delle proprie parti o delle proprie abitudini per adattarsi meglio all’ambiente riuscire a sopravvivere.
L’adattamento è il risultato e non lo scopo del
cambiamento (errore di tipo effetto-causa).
... rappresenta dei cambiamenti che portano una specie a cambiare delle proprie parti o delle proprie abitudini per
adattarsi meglio all’ambiente e per riuscire a sopravvivere.
L’evoluzione non è finalizzata tanto meno in modo intenzionale
e consapevole da parte del soggetto che evolve, cioè la specie (errore di
tipo animismo). Del resto il singolo organismo, anche qualora sia
dotato di intenzionalità, è fortemente limitato nella possibilità di
cambiare se stesso.
... è il cambiamento delle specie in meglio, in un certo senso il progresso delle
specie.
L’evoluzione non è progresso né miglioramento, ma solo
cambiamento (errore di tipo progresso).
L’evoluzione è un cambiamento in positivo che permette di migliorare alcune
caratteristiche di un qualsiasi organismo per adattarsi
all’ambiente.
(errori di tipo progresso, progresso, individuo, finalità,
e effetto -causa).
Come parlano di evoluzione bambini di 8 anni: pensieri
profondi
Riporto ora alcune espressioni di bambini di 8 anni, che non hanno
studiato l’evoluzione a scuola, raccolte nel corso di una esperienza
condotta in una classe terza primaria ,
durante una conversazione in cui l’insegnante rispettava la condizione di
non esprimere mai proprie idee nel merito né valutazioni su quelle espresse
dai bambini.
Evoluzione e crescita sono due cose diverse, perché crescita
stai nella stessa specie, invece evoluzione da una cosa diventi un’altra
Viene individuata con molta chiarezza la distinzione di
livello tra organismo individuale e specie (non errore di tipo individuo).
Potevamo evolverci in una maniera tale che potevamo vivere nel
fuoco.
É l’idea della contingenza (non errore di tipo finalità);
l’adattamento segue ed è un esito del cambiamento (non errore di
tipo effetto -causa).
Non è che c’è una specie di uomo e poi è finita la vita
dell’uomo: per adesso dal primo essere vivente c’è stata la vita fino a
qui, adesso possiamo diventare - che ne so?- elettronici, robot… però
quello ancora non è successo; allora per evolversi tocca aspettare del
tempo.
Si esprimono le idee di possibilità e imprevedibilità in
contrapposizione allo stereotipo culturale del “progresso” inevitabile
verso l’uomo attuale (non errore di tipo progresso).
... la crescita è che cresci, evoluzione è che cambi di
persona; muore uno e quello che rinasce è un po’ diverso.
… il figlio è già un po’ di più evoluto.
L'evoluzione è pensata come un cambiamento che si osserva tra
una generazione e la successiva (non errore di tipo individuo).
Il bagno di comunicazione sociale
La comprensione dell’evoluzione appare più corretta e profonda
nei bambini di 8 anni che negli studenti di 17. Che cosa c’è tra 8 e 17
anni? 10 anni di scuola e, soprattutto, 10 anni in più di immersione al
bagno di comunicazione sociale.
La comunicazione scientifica dei media e dei contesti
educativi propone rappresentazioni errate:
Questa immagine (fig. 1) viene riproposta ogni volta che sulla
pagina scientifica del maggior quotidiano italiano compare un articolo a
tema evoluzionistico: uno dietro l’altro da sinistra a destra, una scimmia
sulle quattro zampe, uno scimmione bipede ma curvo e poi via via ominidi
sempre più alti ed eretti, sempre meno pelosi, sempre più somiglianti
all’uomo attuale, fino all’ultimo a destra, che è sempre rigorosamente
maschio e bianco. Stephen Jay Gould chiama marcia del progresso
questa rappresentazione che veicola l’idea che l’uomo attuale discende
in modo lineare dalla scimmia attraverso antenati intermedi (Australopiteco,
Pitecantropo, uomo di Neanderthal) che sempre più e meglio mostrano la
forma verso cui fin dall’inizio tende la meravigliosa costruzione della
natura, e che naturalmente è la nostra (di noi maschi occidentali si
intende).
Dal supplemento settimanale di un quotidiano a grande
diffusione nazionale traggo questa citazione:
Tutti questi travestimenti
hanno lo scopo esclusivo di assicurare la sopravvivenza agli animali
che li adottano... una cavalletta modella il proprio corpo in
modo da essere scambiata per una foglia
Le evidenziature mostrano errori tipo individuo, effetto
-causa e animismo.
Il termine animismo si riferisce a una ricerca in cui
Jean Piaget mostra come i bambini piccoli attribuiscano una natura simile
alla propria agli altri esseri viventi (e anche agli elementi inanimati);
ma, secondo Piaget, questa è una fase che precede e si oppone al pensare
maturo tipico della scienza:
… la vera causa che il fanciullo
cerca di porre a base dei fenomeni è un’intenzione, che sarà insieme causa
efficiente e ragion d'essere dell'effetto da spiegare
Il bagno di comunicazione sociale espone i giovani ai
pregiudizi (Le cose non possono essere in altro modo che come sono
[...]. Ogni cosa è fatta per lo scopo migliore. I nostri nasi sono fatti
per portare gli occhiali. Le gambe sono chiaramente fatte per portare le
brache, e noi le portiamo. Voltaire, Candide, 1759), all’azione
degli idola fori (In altre parole, se tutti sanno che si parla
in conseguenza di come si pensa, forse non tutti sanno che è vero anche
l’opposto, che si pensa in conseguenza di come si parla: ecco allora che
sorge il rischio di commettere errori di pensiero derivanti da errori di
linguaggio Francis Bacon, Novum organum, 1620), alle metafore ([...]
non è possibile confinare tanto facilmente le metafore nel solo regno
dell’espressione, come invece si pretende. Che lo si voglia o no, le
metafore seducono la ragione. Esse sono delle immagini particolari e remote
che diventano insensibilmente degli schemi generali. Gaston Bachelard, La
formazione dello spirito scientifico, 1938).
Potremmo dunque concludere che la responsabilità degli errori
concettuali nella comprensione dell’evoluzione è degli educatori e dei
comunicatori che per “semplificare” e “divulgare” la scienza ne deformano
le idee, i concetti. E gli scienziati?
Il linguaggio degli scienziati: cause effetti e scopi
Nel momento in cui la comunità scientifica comunica
all’esterno non esercita più il controllo sui suoi prodotti (idee) che
hanno un loro percorso nello spazio sociale; ma questo significa che la
comunità scientifica è responsabile di ciò che comunica.
Queste frasi sono tratte dall’opera di uno scienziato:
No one doubts that both sexes of many birds have had their
colours adapted for the sake
of protection; and it is possible that the females alone of some species
may have been thus modified.
che tradotto in modo letterale suona così:
Non c’è dubbio che entrambi i sessi di molti uccelli abbiano
avuto adattati i loro colori per amor di
protezione; ed è anche possibile che soltanto le femmine di alcune
specie siano state così modificate.
(errori di tipo finalità e effetto-casusa)
Tra parentesi, è significativo il cambiamento introdotto nella
traduzione adottata dall’editore italiano, che è un primo passo nella
divulgazione:
molti uccelli hanno
adottato i loro colori [...] alcune
specie si sono modificate per questo
stesso scopo
vengono cioè introdotti ulteriori errori di tipo animismo,
finalità.
Lo scienziato in questione è nientemeno che Charles Darwin : sto dunque attribuendo degli errori
a proposito di evoluzione proprio a lui?! In realtà è proprio il
pensiero di Darwin che mi permette di identificare come
errori quelli segnalati finora nella comunicazione del pensiero
evoluzionistico.
A proposito di progresso (errore di tipo progresso)
egli scrive:
... la selezione naturale, o sopravvivenza del più adatto, non
comporta necessariamente uno sviluppo progressivo – essa si limita a trarre
vantaggio da quelle variazioni che si manifestano spontaneamente e
risultano vantaggiose per ciascun vivente nei suoi complessi rapporti con
l’ambiente
A proposito di finalismo (errore di tipo finalità)),
la rivoluzione darwiniana ha al suo cuore proprio l’esclusione di un fine
dai processi naturali:
Quando uno vede i capezzoli sul petto di un uomo, non dice che
abbiano un qualche uso [...] Se si trattasse di semplice creazione, di
certo sarebbero nati senza. ... nessuno
può sorprendersi nel constatare l’assenza di una causa finale dei capezzoli
dell’uomo e delle ali sotto le elitre unite.
Un piano che regoli la variabilità degli esseri viventi e
l’azione della selezione naturale, non è più evidente di un disegno che
predisponga la direzione del vento. Tutto ciò che esiste in natura è il
risultato di leggi determinate
È proprio per questo naturalismo che le idee di Darwin
suscitarono tanto scandalo e ancora oggi incontrano opposizione
specialmente da parte di punti di vista religiosi.
Capovolgere causa ed effetto in un contesto scientifico appare
come una enormità paradossale, ma, nello specifico del processo storico che
porta alla spiegazione di un fenomeno, la determinazione della relazione
causa-effetto è proprio il compito della ricerca scientifica: è “normale”
non conoscere questa relazione prima della ricerca ed è normale che sia
oggetto di discussione. La rivoluzione darwiniana sta proprio nel rovesciamento
di una fondamentale relazione di causa-effetto: prima di Darwin
l’adattamento è la causa, e precisamente la causa finale, del
cambiamento delle forme viventi (quello che in linguaggio comune si indica
come il fine, lo scopo, e l’idea di scopo implica un soggetto esterno e
superiore che può pensarlo e realizzarlo); per Darwin l’adattamento è
invece l’effetto della variazione delle forme viventi (attraverso la
sopravvivenza e riproduzione differenziale di alcune forme).
Il pericolo delle metafore
Allora perché Darwin commette quelli che proprio la sua teoria
ha reso errori dal punto di vista scientifico? Uno dei protagonisti
del pensiero evoluzionistico, Ernst Mayr, scrive:
La scelta, da parte di Darwin, della parola ‘selezione’ non fu
particolarmente fortunata. Il termine suggerisce che ci sia in natura
qualche agente che, essendo capace di prevedere il futuro, sceglie ‘il
migliore’.
Che si tratti di un nome dato a un processo che avviene
e non di una entità ontologica è chiarissimo nell’opera di Darwin:
A questa conservazione delle variazioni favorevoli e alla
eliminazione delle variazioni nocive ho
dato il nome di ‘selezione naturale’
Questo principio [...] è stato da me denominato ‘selezione naturale’ per indicare la
sua analogia con la selezione operata dall’uomo
Nella seconda edizione de L’origine delle specie (1860)
Darwin fa un’aggiunta significativa:
Si può dire, metaforicamente,
che la selezione naturale...
Darwin dunque era perfettamente consapevole che stava usando
una metafora e anche dei problemi che comporta l’uso di una metafora:
Altri hanno obiettato che la parola selezione implica una
scelta cosciente da parte degli ammali
che si modificano; e si è persino arrivati a dire che, siccome i vegetali non
hanno una volontà, la selezione naturale non è applicabile ad essi!
Indubbiamente, il termine ‘selezione
naturale’, preso alla lettera, è un'improprietà; ma chi ha mai sollevato obiezioni contro i chimici perché parlano
di ‘affinità elettive’ tra i vari elementi? Eppure, a stretto rigore, non si può dire che un acido scelga la
base con cui si combinerà preferenzialmente. E stato detto che io parlo
della selezione naturale come di un potere attivo della Divinità; ma chi solleva obiezioni contro uno scrittore
che dica che l'attrazione di
gravita ‘governa’ il movimento dei pianeti? Chiunque sa che cosa si intende
e che cosa è implicito in queste espressioni metaforiche; ed esse
sono quasi necessarie per ragioni di
brevità. Analogamente è difficile evitare di personificare la parola
Natura; ma, con ‘natura’, io intendo
soltanto il complesso dell'azione e del risultato di molte leggi naturali e, per leggi, intendo la
sequenza degli eventi, che noi possiamo osservare. Con un po' di abitudine certe
obiezioni superficiali saranno dimenticate.
Se siamo d’accordo che
•
presi alla lettera, quelli di tipo individuo, finalità, effetto-causa, animismo e
progresso sono errori concettuali gravi nella comprensione della
teoria dell’evoluzione,
•
per evitare l’errore è necessario essere
consapevoli che si tratta di metafora e anche di quale metafora si tratta,
•
l’uso della forma metafora si apprende
(l’abitudine di Darwin): i bambini piccoli non sono consapevoli
dell’uso metaforico e tendono a recepire il senso letterale dei messaggi,
•
generalmente studenti di liceo di 17 anni
sanno usare la forma metafora in modo consapevole,
allora dobbiamo concludere che gli errori individuo,
finalità, effetto-causa, animismo e progresso derivano da un
mancato apprendimento, ovvero gli studenti
•
non hanno la consapevolezza che si tratta
di metafore
•
non hanno consapevolezza della natura di
quelle specifiche metafore
•
non sono mai stati esposti a un modo di
esprimere quei concetti diverso da quelle metafore
Nuova teoria, vecchi linguaggi: Tolomeo e Copernico, Lamarck e
Darwin
Questo spiega perché Darwin, ben cosciente dei problemi che
comporta l’uso di metafore, non sembra troppo preoccupato, in un contesto
di scienziati naturalisti, di specialisti, che il significato letterale
delle espressioni linguistiche possa condizionare la comprensione: per
scongiurare il pericolo è sufficiente la consapevolezza che di metafore si
tratta e un po’ di abitudine al loro specifico significato.
Però il caso è molto diverso se la comunicazione è diretta non
a scienziati che già sanno, bensì a soggetti che per definizione non sanno
ancora, come gli studenti o il pubblico cui è destinata la “divulgazione”;
e se, in aggiunta, non si esplicita mai che di metafora si tratta, né qual
è il significato metaforico, cioè se il significato è comunicato esclusivamente
in quella forma metaforica. Il risultato è che dopo qualche generazione,
gli stessi soggetti della comunicazione non saranno consapevoli della
metaforicità e ripeteranno, ad esempio, che l’adattamento è lo scopo
della variazione. E non serve dire che però non lo pensano davvero:
a parte che questo non è verificabile (io penso che il caso degli
scienziati sia diverso da quello dei giornalisti), la cultura passa attraverso
la comunicazione sociale e non la telepatia.
Darwin non faceva di mestiere l’insegnante, noi sì; perciò è
nostra la responsabilità di interrompere la catena che perpetua gli errori
attraverso le generazioni.
In tutte le scuole italiane si è convinti, perché così dicono
i libri di testo, che Lamarck e Darwin, esattamente come Tolomeo e
Copernico, sono contrapposti nel sostegno di un’idea vecchia e sbagliata da
una parte e nuova e giusta dall’altra. La situazione è doppiamente
paradossale: da una parte perché si ignora che Darwin, non conoscendo la
genetica mendeliana, era convinto quanto Lamarck della ereditarietà dei
caratteri acquisiti; dall’altra perché si spiega l’idea “giusta” di Darwin
con un linguaggio lamarckiano:
... le pinne ventrali dei pesci che 300 milioni di anni fa si avventurarono nell’ambiente subaereo, si
trasformarono in quattro robuste zampe.
(da un libro di testo per la scuola secondaria inferiore
italiana: errore di tipo individuo e animismo).
Come saggiamente dice uno dei bambini di 8 anni: È vero,
maestra, non è un’evoluzione: non è che a un anno ti chiami Andrea e a 4
anni Francesco, a 6…, ovvero la crescita è
l’unico cambiamento che possiamo percepire negli organismi, ma riguarda
l’organismo singolo, quindi non può essere un modello dell’evoluzione.
Anche dire che il sole tramonta in realtà è usare una
metafora tolemaica, pur dichiarando, con una certa arroganza, di avere,
grazie al progresso della scienza, superato l’ “ingenuo” errore tolemaico.
A ben vedere però il sole continua effettivamente a tramontare per chi lo
osserva dalla Terra, punto di vista e sistema di riferimento assolutamente
legittimo. Possiamo così risparmiare, senza commettere errori scientifici,
la complicata traduzione copernicana del tramonto del sole.
Ma quale vantaggio c’è nell’usare un linguaggio lamarckiano,
che la scienza ha ormai falsificato, per descrivere fenomeni darwiniani?
Ho provato a riscrivere con un linguaggio più adeguato alla
teoria darwiniana alcune delle espressioni già citate.
... le pinne ventrali dei
pesci che 300 milioni di anni fa si
avventurarono nell’ambiente subaereo si trasformarono in quattro
robuste zampe.
... 300
milioni di anni fa la forma delle pinne ventrali di pesci in grado di
vivere anche nell’ambiente subaereo, cambiò, attraverso generazioni e
generazioni, fino a diventare quella di robuste zampe
Questo primo tentativo ha comportato un aumento del numero di
parole di circa 1/2 (da 22 a 32).
Tutti questi
travestimenti hanno lo scopo esclusivo di assicurare
la sopravvivenza agli animali che li adottano... una cavalletta
modella il proprio corpo in modo da essere scambiata per una foglia.
Tutte queste
caratteristiche mimetiche assicurano la sopravvivenza agli animali che le hanno...
una cavalletta, grazie a cambiamenti avvenuti attraverso innumerevoli generazioni
della propria specie, può essere scambiata per una foglia.
30 parole per entrambe: sono riuscito a pareggiare!
… è un
cambiamento in positivo che permette
di migliorare alcune caratteristiche di un qualsiasi organismo
per adattarsi all’ambiente.
… è un
cambiamento di alcune caratteristiche che ha come effetto che una specie si
adatti meglio all’ambiente.
Meno parole (18 contro 19)! Il successo mi spinge a cimentarmi
addirittura nel tentativo di correggere la scrittura di Darwin (sulla base
della sua teoria e delle sue indicazioni):
Non c’è
dubbio che maschi e femmine di molti uccelli abbiano adottato i loro colori per proteggersi; ed è
anche possibile che soltanto le femmine di alcune specie si siano modificate
per questo stesso scopo.
Non c’è
dubbio che i colori di maschi e femmine di molti uccelli abbiano l’effetto
di proteggerli; è anche possibile che modificazioni con tale effetto si
siano verificate soltanto nelle femmine di alcune specie.
36 parole: pareggio!
Insegnanti e divulgatori dunque non hanno neppure l’alibi del
risparmio di parole, che già di per sé comporta il rischio di
impoverimento, deformazione, se non di sostanziale sconvolgimento del
contenuto scientifico.
Per riformulare le espressioni errate ci ho messo qualche
minuto e una certa dose di risorse mentali: se mi capiterà di doverle usare
in una comunicazione orale, dovrò:
•
tenere vigile la mia attenzione per
accorgermi che le vecchie formulazioni si presentano spontaneamente (per
abitudine culturale) alla mia mente
•
richiamare alla mente le nuove
formulazioni più corrette oppure, in caso di formulazioni non ancora
archiviate, costruirle al momento a partire da alcuni schemi ricorrenti.
Quando parlo di “schemi” mi
riferisco alle strutture semantiche della lingua; ad esempio a quelle che
esprimono l’effetto invece che lo scopo o l’intenzione:
… la
selezione naturale tenderà a modificare tutti
gli individui di una specie...
… effetto
della selezione naturale sarà il modificarsi di tutti gli individui di una
specie variante...
(Il numero di parole passa da 12 a 14).
Altra struttura: un verbo in forma attiva o la sua
nominalizzazione significano l’azione di un soggetto agente che la mente
non può fare a meno di immaginare. Ad esempio “selezionare” e “selezione”
sono predicati che implicano a livello semantico un soggetto che opera la
selezione e un oggetto su cui viene operata . Se, come Darwin dichiara, si
vuole descrivere un processo che avviene per effetto di leggi
naturali e non evocare l’azione di un agente più o meno divino, è preferibile
usare verbi che non implicano un agente esterno, oppure le loro
nominalizzazioni (“sopravvivenza del più adatto” è la formulazione che
suggerisce lo stesso Darwin). Oppure, in subordine si può esplicitare che
di processo di tratta: non “la selezione naturale”, bensì “il
processo di selezione naturale”.
Un’altra struttura semantica
che può essere modificata: il soggetto di un’azione è sostituito da un argomento
causale: non “la selezione naturale fa…” ma “per selezione
naturale accade…”
La selezione
naturale modificherà la struttura del figlio in rapporto al genitore o
del genitore in rapporto al figlio.
Per (il
processo di) selezione naturale si modificherà la struttura del figlio in
rapporto al genitore o del genitore in rapporto al figlio.
(Il numero di parole passa da 19 a 20 (23)).
Nel mio comunicare a chi non sa ancora, sarà sufficiente lo
sforzo di attenzione e la messa in azione di questo dispositivo linguistico
per le prime 4 o 5 volte perché le nuove formulazioni diventino abituali.
Insomma il cattivo uso del linguaggio da parte di insegnanti e
comunicatori scientifici risponde solo a cattiva abitudine. Cambiarla
richiede solo un po’ di abitudine nuova. Non ne vale forse la
pena se in gioco c’è la sopravvivenza della teoria dell’evoluzione che alle
loro parole è affidata?
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