Marcello Sala

 

BROCCOLI E COMPUTER

- pubblicato in-   

COOPERAZIONE EDUCATIVA

n. 11 / 1986

La Nuova Italia

 

Informatica conoscenza e realtà

 

frattale

   Le impressioni che può suscitare l’immagini riprodotta qui accanto sono probabilmente diverse e legate al vissuto personale; sono convinto però che sono ben pochi quelli che le assoceranno all’informatica. Eppure esse sono state pubblicate da una rivista di informatica ed elettronica come Chip, proprio perché ottenute con un computer.

UNO SPECCHIO PER LA MENTE

   Lo scoprire che si tratta di rappresentazioni computerizzate di strutture matematiche probabilmente susciterà in molti un senso di estraneità e di lontananza, oltre che per la sofisticata tecnologia impiegata, anche per l'inaccessibilità del software, cioè dei concetti matematici implicati; eppure queste realizzazioni grafiche, per quanto complesse, hanno alla base un principio molto familiare come il piano cartesiano (scagli la prima pietra l'insegnante che non conosce la proverbiale "battaglia navale").

   Il piano cartesiano, costituisce un codice di traduzione tra strutture numeriche e strutture spaziali; una coppia di numeri corrisponde a un punto; una semplice funzione matematica corrisponde ad una successione regolare di punti, come una retta o una curva regolare. Complicando la struttura matematica si complica il disegno, tanto da ricorrere all’aiuto di un computer, cui viene insegnato il codice di traduzione numeri-punti (e anche quello numeri-colori, come in questo caso).

   Ma la cosa interessante di queste figure è che sono state "commissionate" al computer da un gruppo di matematici per avere una rappresentazione visiva che facilitasse lo studio di strutture numeriche complesse difficilmente "immaginabili". Si può dire dunque che abbiamo davanti delle immagini di cose che esistono solo nella mente, come appunto le strutture matematiche: in questo senso dunque parliamo di uno "specchio della mente".

   Se scendiamo ad un’analisi più particolare, scopriamo che ogni parte delle figure riprodotte è composta di parti che ripetono in scala più ridotta la stessa struttura; i livelli di complessità tuttavia sono tali che il risultato è qualcosa che difficilmente può essere ricondotto ai nostri stereotipi di disegno geometrico.

   Probabilmente il fascino di queste immagini deriva proprio anche da questa combinazione di irregolarità, cioè di qualcosa che siamo soliti attribuire alla sfera della imprevedibilità creativa, e di regolarità, che ci riconduce al pensiero razionale. In realtà l'apparente non-regolarità è determinata dall’aumento della complessità delle strutture regolari e ciò costituisce un esempio di quell’ipotesi interpretativa che suggerivamo in un precedente articolo a proposito di ciò che viene percepito come "automatico" e non [1].

   Del resto anche la natura, che spesso nella cultura della separazione viene o romanticamente ascritta alla sfera dei sentimenti, della bellezza, della poesia o classicamente assegnata alla sfera dell’ordine, della razionalità, in realtà fornisce gli esempi più evidenti di una convivenza indissolubile, prova che l’unità sta sopra e prima delle separazioni culturali.

RICORSIVITÀ

broccolo

   E al mondo della natura appartenevano quegli oggetti che, facendo sfacciata mostra di sé su una bancarella del mercato di Campo dei Fiori a Roma, sono stati la causa scatenante di queste riflessioni. Sono un appassionato di fotografia con un'attenzione particolare per le geometrie della natura che a volte sfiora la mania, ma i miei interessi culinari finiscono per delimitare il campo delle conoscenze, e poi a Milano sono più diffusi i cavolfiori; insomma la scoperta della struttura ricorsiva dei broccoli fu per me una vera folgorazione. E poiché la ricorsività è uno degli argomenti più interessanti che affronto nei corsi di alfabetizzazione informatica (in particolare su LOGO), la coincidenza non poteva lasciarmi indifferente.

   Il modulo che contiene sé stesso è una struttura affascinante per menti un tantino paranoiche, ma è qualcosa che si ritrova anche nelle più famigliari filastrocche come:

C'era una volta un re,

seduto sul sofà,

che disse alla sua serva:

-raccontami una storia-.

La serva incominciò:

C'era una volta un re,

seduto sul sofà,

che disse alla sua serva:

-raccontami una storia-.

La serva incominciò:

C'era una volta un re...

   È nella stessa natura delle cose, o del pensiero umano, il fatto che a volte si creino queste situazioni "a specchi contrapposti", che sono l'immagine più viva dell’"infinito":

   [...] Diaz passò tutta la sera senza dire una parola, tirandosi indietro il ciuffo bianco e andò avanti così fino a quando, dopo cena, si infilò uno stuzzicadenti in bocca e disse:

   "Constante li tira sulla destra".

   "Sempre", fece il presidente del club

   "Però lui sa che io so"

   "E allora siamo fregati"

   "Si, però anch’io so che lui sa", disse ‘el gato’

   "Quindi tuffati sulla sinistra ed è fatta", fece uno di quelli che erano seduti a tavola

   "No, lui sa che io so che lui sa", disse ‘el gato’ Diaz e si alzò per andare a dormire. [2]

   Per uscire dall’anello senza fine, occorre che il modulo riproduca sé stesso ma con una variazione, che può essere semplicemente quella della dimensione. Ed ecco le proverbiali quanto misteriose "scatole cinesi", o le più familiari "matrioske", le bambole di legno russe inserite una nell’altra.

   Non sempre i moduli stanno uno dentro l'altro: in alcuni molluschi gasteropodi è l'originarsi dell’uno dall’altro che si rende visibile in una conchiglia.

   Anche nell’essenza stessa della natura, a livello di quelle particelle elementari che ne costituiscono la base fisica universale, ritroviamo una forma di ricorsività [3]. Un elettrone in movimento emette e riassorbe fotoni "virtuali" (creati e annichilati prima che possano essere visti); un fotone a sua volta può decadere, per un brevissimo istante, in coppie elettrone- positrone (anti-elettrone); questi ultimi si annichilano reciprocamente facendo ricomparire un fotone, ma prima l'elettrone può emettere un fotone e così via. La propagazione di un elettrone è accompagnata dunque da una nuvola di particelle virtuali che si creano ricorsivamente una dall’altra.

   Gli esempi fatti si riferiscono ad ambiti molto diversi, ma tutti sono stati descritti utilizzando quello strumento ricorsivo che è il linguaggio verbale. La possibilità di inserire in un enunciato un argomento costituito da un enunciato e così via (nei limiti della capacita del ricevente di tenere in sospeso la comprensione dell’enunciato di ordine superiore fino alla chiusura di tutti quelli inferiori) è molto sfruttata dalla lingua tedesca. Anche in italiano la costruzione è usuale: l'esempio dantesco (Paolo e Francesca), con i suoi primi due versi a tripla inclusione è unico solo per fama poetica

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte

che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Escher

A questo punto non sembrerà strano ritrovare ricorsività anche in altre espressioni della cultura umana: nel linguaggio della pittura, come in molte xilografie di M.C. Escher, o del cinema. Nel film "Lo stato delle cose", del regista tedesco Wim Wenders, il protagonista Frederick è il regista di una troupe cinematografica che sta girando un film di ambientazione fantascientifica (che è tra l'altro un remake di un film "vero"): nella scena iniziale del film di Wenders (I livello) si vede appunto una scena di questo film, girato dalla troupe di Frederick (II livello), ed in essa uno dei personaggi usa una cinepresa (III livello).

   Anche nella musica si ritrovano strutture ricorsive: la Sinfonia n.2 di S. Rachmaninov e il Concerto per pianoforte n.5 di Prokof’ev contengono cicli di scale con tempi diversi; il Canone per Tonos dell’ "Offerta musicale" di J.S. Bach ha una struttura modulare in cui ogni ciclo ha un finale che si riconnette all’inizio ma con un cambio di tonalità, finché dopo sei di queste modulazioni ci si ritrova al punto di partenza un'ottava sopra. Un altro esempio è quello, forse più familiare, del "Bolero" di Ravel.

LOGOruota

PENSARE FIGURE E DISEGNARE PENSIERI

   Tornando alle nostre immagini computerizzate iniziali, viene facile pensare che dal punto di vista della struttura si tratti di cose per matematici professionisti. La figura qui riprodotta sicuramente si colloca qualche gradino più in basso nella scala della complessità, tuttavia si direbbe ancora inaccessibile ai comuni mortali da un punto di vista strutturale. Per disegnarla è stato usato un computer che utilizza il linguaggio LOGO: una punta (la "tartaruga"), luminosa sullo schermo o grafica sulla carta, traccia un percorso seguendo una sequenza di istruzioni. La "procedura" per ottenere la figura è la seguente:

PER RUOTA

 ASSEGNA "LATO 30

 ASSEGNA "ANGOLO 6

 ASSEGNA "INCREMENTOLATO 0

 ASSEGNA "INCREMENTOANGOLO 210

 SPIRA :LATO :ANGOLO :INCREMENTOLATO :INCREMENTOANGOLO

FINE

 

PER SPIRA :LATO :ANGOLO :INCREMENTOLATO :INCREMENTOANGOLO

 AVANTI :LATO DESTRA :ANGOLO

 SPIRA :LATO + :INCREMENTOLATO :ANGOLO + :INCREMENTOANGOLO :INCREMENTOLATO :INCREMENTOANGOLO

FINE

   È comprensibile il disagio di molti di fronte ad un messaggio in un linguaggio diverso da quello naturale, ma si può constatare che si tratta comunque di poche righe e con parole riconoscibili.

LOGOtrispira

   Piuttosto, anche per chi conosce il linguaggio, è ancora forse troppo difficile ritrovare nel disegno prodotto una rappresentazione di quella struttura ricorsiva che la procedura suggerisce.

Questa volta però non è necessario scendere di più lungo la scala della complessità per cominciare a controllare questo isomorfismo. Con la stessa procedura, semplicemente assegnando valori numerici diversi alle variabili (si tratta di quegli "ASSEGNA" della prima parte), si costruisce una semplice spirale triangolare. A questo punto è molto più facile leggere la procedura come una descrizione della struttura della figura: essa infatti è il disegno del confine di un triangolo che non si chiude mai perché ogni volta il lato diventa più lungo. Infatti la procedura SPIRA (che utilizza le quattro variabili LATO, ANGOLO, INCREMENTOLATO, INCREMENTOANGOLO) consiste in un tratto rettilineo (AVANTI :LATO) e in un angolo (DESTRA :ANGOLO), seguiti dalla ripetizione della procedura stessa (SPIRA) in cui però viene inserito un incremento del lato (:LATO + :INCREMENTOLATO) e un incremento dell’angolo (che in questo caso è nullo): la procedura, come le "scatole cinesi", contiene se stessa, ma con una variazione di grandezza ogni volta,.

   Si comincia qui forse ad intravedere che cosa abbia tutto ciò a che fare con lo sviluppo delle attività cognitive e l'educazione dei bambini.

EPISTEMOLOGIA ED EURISTICA

   Un bambino, soprattutto nella scuola elementare, difficilmente è in grado di costruire da sé quella procedura, ma ciò che può già fare è cominciare a manipolarla. Si può ad esempio chiedergli come modificarla per ottenere una spira quadrata. Se ha fatto un minimo di esperienza con la "tartaruga" di LOGO, costruendo le figure del quadrato e del triangolo anche solo con le istruzioni AVANTI e DESTRA, non avrà molta difficoltà ad individuare il valore dell’angolo come l'elemento da modificare. Il computer fa sì che la verifica della correttezza dell’ipotesi sia immediata e visibile: sullo schermo apparirà una spirale quadrata. Quello che il bambino vede è in fondo l'immagine visiva di quella sua ipotesi.

   Esempi ancora più semplici di questo discorso si trovano nella pratica ormai "tradizionale" di uso del linguaggio LOGO con i bambini. Quando un bambino scopre che dando successivamente delle istruzioni alla "tartaruga" ottiene il disegno di un quadrato ha sperimentato quella operazione mentale di "assemblaggio" che consiste nel costruire un’unità più complessa mettendo in un rapporto di ordine sequenziale unità più piccole.

   Questa linea di discorso va nella direzione dello sviluppo della capacità euristica, intesa come l'arte di trovare la soluzione ai problemi, e in generale di quella che Papert, il matematico-informatico padre di LOGO e allievo di Piaget, ha chiamato la ricerca epistemologica dei bambini, cioè la costruzione della consapevolezza del modo di funzionare del proprio pensiero.

LOGOspira0

   Se si chiede ai ragazzi di far eseguire come percorso alla tartaruga di LOGO il disegno della figura qui accanto le soluzioni possibili sono tante; la ricerca di soluzioni "economiche" o "furbe" o "eleganti" o "veloci" è una ricerca sul pensiero, perché si tratta di individuare le strutture in cui il pensiero organizza la realtà che percepisce o i propri processi costruttivi. Di questo si tratta quando il ragazzo scopre che in quel disegno è nascosto un "modulo", cioè un disegno più semplice ripetuto. E non basta: lo stesso modulo può essere descritto come l'assemblaggio di due unità di percorso, ciascuna descrivibile come ripetizione di un modulo ancora più semplice.

   È la scoperta che una struttura può contenere altre strutture e la conquista di un livello superiore di organizzazione, ben oltre l'ordine sequenziale. E ancora una volta LOGO fa da specchio per la mente, perché la procedura per il disegno evidenzia proprio questa strutturazione: la figura seguente è una rappresentazione grafica della struttura in LOGO).

LOGOradici1

  Soffermiamoci un momento su questa figura "a radici": è la stessa che si ritrova nella teoria della lingua di Parisi; anch’essa ha alla base una relazione predicato-argomento che si articola ricorsivamente a vari livelli, dal significato della singola parola all’enunciato, al testo intero.

   RIPETERE, nel modello linguistico di Parisi, è un predicato a tre argomenti, "chi", "che cosa" e "quante volte". In LOGO, RIPETI è un operatore che opera su due oggetti "quante volte" e "che cosa". Rispetto al modello linguistico manca il primo argomento, ma ciò è dovuto alla forma imperativa, la cui struttura completa sarebbe "io ordino a qualcuno che questo qualcuno ripeta qualcosa un certo numero di volte"; poiché la comunicazione con la macchina ha sempre questa forma e poiché il "qualcuno" è sempre la macchina (o meglio l’"automa LOGO") viene sempre sottintesa la parte superiore della struttura e il primo argomento, cioè "io ordino alla macchina che la macchina...". Questo apre una strada interessante nel campo della ricerca sulla lingua in cui LOGO potrebbe giocare un suo ruolo e che varrebbe la pena di esplorare.

LOGOradici2

   Euristica è anche capacità di riconoscere e di ricostruire strutture come queste, sia in fase di analisi che di costruzione. La realizzazione al computer di un progetto come quello di un piccolo gioco di simulazione richiede ai ragazzi una prima fase di lavoro di analisi strutturale: la figura accanto è un esempio di diagramma a radici che rappresenta il progetto nei suoi successivi livelli di dettaglio: le unità al livello più basso sono poi quelle che i ragazzi, divisi in gruppetti, hanno dovuto realizzare come procedure in linguaggio LOGO.

INSEGNARE PER IMPARARE

   La possibilità di analizzare la struttura di un procedimento ha un ruolo essenziale anche nell’apprendimento delle conoscenze di base, come le operazioni aritmetiche. Quando un bimbo chiede all’insegnante "se moltiplicare vuol dire ripetere più volte un numero, perché 3 x 0 fa 0?" oppure se un ragazzo particolarmente diligente, seguendo le istruzioni del libro di testo, che gli dicono che "4 alla seconda" significa "4 moltiplicato per sé stesso due volte" scrive giustamente "4 x 4 x 4" e poi chiede perché non va bene il risultato, c'è proprio bisogno di un'analisi delle procedure per rendere chiari i concetti.

   Nel caso della moltiplicazione la procedura consiste nella ripetizione per un determinato numero di volte della azione di un operatore additivo applicato a partire dallo 0. Nel caso della potenza la ripetizione riguarda un operatore moltiplicativo a partire dall’unità (1 X 4 X 4). È proprio lo stato iniziale che viene elegantemente dimenticato generando così contraddizioni o legittime incomprensioni (naturalmente per capire perché lo stato iniziale nel caso della potenza è l'unità occorre avere già acquisito l'operazione concreta del raggruppare di cui la potenza è la rappresentazione numerica).

   Naturalmente per fornire ai bambini spiegazioni di questo tipo sarebbe sufficiente la lavagna, ma, a parte il discorso della maggiore popolarità che riscuote il computer rispetto all’insegnante di matematica, la cosa cambia completamente quando si chiede ai bambini di insegnare loro la moltiplicazione al computer, scrivendo la procedura necessaria; tecnicamente la cosa non è poi così difficile purché si abbia chiaro il procedimento.

   Sembra un circolo vizioso: se il bambino conoscesse già il procedimento non ci sarebbe bisogno di usare il computer per farglielo imparare. In realtà è un circolo vizioso solo in una concezione passiva dell’apprendimento; per il bambino l'attività dell’insegnare (a quell’ignorante dell’automa LOGO) è molto più motivante, tanto da poter costituire l'innesco del processo di apprendimento, ma soprattutto è appunto un’attività, non un memorizzare passivo. Nell’esempio di prima, per insegnare a LOGO una procedura ricorsiva come quella della potenza è necessario esplicitare la situazione di partenza e ciò costringe a non dimenticare quell’"1" tanto importante e misconosciuto.

   Il discorso non vale solo per i bambini. L'abitudine alla routine, da vecchi "Aristogitoni", sovrapposta ad una formazione professionale (parlo della professione di educare o anche solo di insegnare), che nel caso degli insegnanti medi semplicemente non esiste a livello istituzionale, porta spesso a non analizzare a fondo quelle conoscenze, quelle operatività che pretendiamo che i bambini imparino. Tanto che si accolgono con dispetto o addirittura si ignorano le contraddizioni che emergono. Ebbene, il computer è così poco "intelligente" che insegnare ad esso diventa un utile forma di addestramento professionale ad esplicitare concetti e procedimenti, senza dare nulla per scontato e senza approssimazioni facilone.

   L'utilità di avere qualcosa in cui specchiare il proprio pensiero ci conduce dunque alla morale di questo discorso: un buon insegnante, se proprio non se la sente di usare LOGO, dovrebbe almeno frequentare di più le bancarelle dei mercati e cucinare più spesso i broccoli.

 

 



[1]  Pino Cataldi e Marcello Sala, "Informatica: nuovi modelli dell’apprendimento", in Cooperazione Educativa n. 7/1985.

[2]  Osvaldo Soriano "Il Gatto Diaz incanta Rodriguez - Patagonia, anno 1952, il rigore più lungo della storia" in Il Manifesto del 25 giugno 1986.

[3]  Alcuni degli esempi seguenti sono tratti dal libro di D.R. Hofstadter, Goedel, Escher, Bach: un'Eterna Ghirlanda Brillante, Adelphi 1984.