Marcello Sala - conversazioni in
classe: registrazioni e commenti
1a b 2003-2004 S.E.S. Jole Orsini di
Amelia (TR) - Insegnante Stefania Cornacchia
Quest’aria CHE COS’è?
La conversazione fa parte di una
unità di apprendimento sull’aria. Prima della conversazione i bambini avevano
svolto una attività di animazione corporea in palestra sulla leggerezza, il respiro…
e successivamente erano usciti nei pressi della scuola per “sentire l’aria”. La
conversazione si è svolta in classe nell’ ottobre 2003, è durata 20 minuti a
partire dalle ore 12.00. I bambini e l’insegnante erano seduti per terra in cerchio.
1. INS - Stamattina abbiamo fatto
questa bella passeggiata per sentire l’aria fresca della campagna e, prima, in
palestra, abbiamo giocato a muoverci leggeri come le piume nell’aria, ma vi
domando: quest’aria che cos’è?
[Associa l’aria a quello che potremmo chiamare uno stereotipo della
cultura familiare (inquinamento, aria sporca…); forse queste espressioni
vengono fuori perché il bambino pensa che siano adeguati per rispondere ad un
adulto, dal momento che sono cose che dicono gli adulti.]
2.
Lucrezia - L’aria lì era sporca, non era
pulita… perché era tutto sporco.
3.
[risate]
4.
Matteo - Se l’aria era sporca non esisteva nessuno.
[Anche questa idea viene dall’esterno,
ma ha già più la struttura di una informazione. La forma poi è quella di una deduzione
(il “se”).]
5.
Eugenio - Eh sì, ha ragione Matteo, perché,
anche se noi stavamo dentro la gabbia e le finestre non ci stavano […], ci
sentivamo male…
[Ascolta e risponde, argomentando
(Pontecorvo). Il tipo di argomentazione è abbastanza sofisticato (“anche se”
anticipa un’obiezione).]
6.
Anna Rita -
Quando andavo fuori ho esplorato bene perché c’era l’aria fresca.
[Si ricollega al 2 per contrapposizione.]
7. INS - Ma secondo te l’aria che
è?
8.
Denise - L’aria è una cosa che ci fa
respirare e che ci dà aria pura e anche se sporca possiamo respi…
siamo liberi – eh! - respirare anche l’aria l’aria bona, però quando piove l’aria si diminuisce e viene l’aria
pulita.
[Esplicita il senso e il nesso degli
interventi precedenti. Rivela anche il passaggio tra la domanda dell’insegnante
di tipo “ontologico” e la domanda alla quale stanno rispondendo i bambini che è
di tipo “fenomenologico” (quali esperienze si possono associare alla parola “aria”?).
Aggiunge ancora informazioni collegate che presume adeguate all’interazione con
l’adulto (“io la so lunga!”). C’è sono però elaborazioni personali (ritiene
pertinente l’informazione e quel “si diminuisce” esprime almeno un modo
personale di riformulare un’idea (quale?).]
9. INS – Ah! Si pulisce dalla roba
che ci sta in mezzo che scende giù e quindi trovi l’aria più pulita?
10. [Denise
annuisce]
12. Denise
- Per me l’aria è fresca e poi è qualcosa che ci dà l’ossigeno.
13. INS - L’aria è ossigeno o ce lo
dà?
[All’interno dell’intervento che riporta
un’informazione esterna l’insegnante coglie l’elemento di originalità di
pensiero e lo “setaccia”.]
14. Anna
Rita - Ce lo dà.
16. Lucrezia
– Perché… perché è fresca.
[Nonostante il “perché” mi sembra più
una associazione che una spiegazione, che tuttavia è pertinente (fresco -
piacevole - fa bene - l’ossigeno è indispensabile).]
17. S –
Però, prima di andare più giù, ho sentito un po’ di aria… media.
[Se ho capito, quel “media” è un
superamento del contrasto “buono-cattivo” verso una gradazione delle qualità.]
19. Roberta
- Fresca.
20. Anna
Rita - Per l’a… l’aria è l’acqua perché quando c’è il sole sopra l’acqua – mmm - si vaporizza poi fa il giro di tuttooo.
[Forse l’associazione tra aria e acqua
scatta sulla qualità comune della “freschezza”; l’intuizione del rapporto tra
evaporazione e perdita di calore credo sia casuale (a meno che non l’associ
all’esperienza di freddo sul corpo bagnato), comunque l’informazione esterna
sembra abbastanza assimilata.]
21. [Caterina
alza la mano]
23. Caterina
- Volevo dire che se non c’era l’aria, il mangiare, non potevamo sopravvivere…
25. Caterina
- … perché non c’erano le piante non c’era niente.
[In 23 c’è un’associazione sulla base di
una qualità comune (utilità per la sopravvivenza) che l’insegnante restituisce
in 24 e qui viene confermata, sempre utilizzando informazioni esterne.]
26. N -
Poi l’aria i pesci non la respirano, respirano soltanto tutta acqua, soltanto
le balene a volte quando si tuffano per prendere qualcosa… per tuffarsi [si
tuffa col corpo e si crea confusione].
[C’è sempre un filo associativo, ma mi
sembra che la minore pertinenza o “centratura” dell’intervento rispetto
all’oggetto sia da mettere in relazione con il contesto “interrogazione” (“che
cosa posso dire d’altro alla maestra che mi faccia fare bella figura?”). La distinzione
tra pesci e mammiferi è adeguata, l’informazione su come respirano i pesci no
(non ha una base esperienziale di riferimento). Il finale mostra come
l’associazione non passa solo dai canali del pensiero verbale.]
28. Anna
Rita - Anche per me […]
29. Denise
- Secondo me anche se i pesci non sopravvivono…
31. Denise
- … in quanto poi possono… anche se i pesci devono partorire prima di morire,
prima cercano di partorire e poi… perché l’acqua fa bene ai pesci.
[Altro inserimento di informazioni
“decentrate” attraverso associazioni (vedi 26). L’ultima frase forse è un
tentativo di esplicitare un nesso che giustifichi l’intervento e quindi denota
consapevolezza del contesto comunicativo.]
33. Anna
Rita - L’aria ce la danno gli alberi…
35. Lucrezia
- Si muovono.
[L’intervento mi sembra molto
significativo, se è vera l’ipotesi che i bambini non possono rispondere alla
domanda “che cosa è” e rispondano invece a “quali esperienze… ecc.” vedi 8). Le
esperienze percettive sono quella più propriocettiva
del respiro e quella più visiva esterna del movimento associabile all’aria
(delle nuvole, del fogliame…).]
36. Anna
Rita - … perché gli alberi sono […] degli uccellini!
38. Lucrezia
- Perché si muovono.
40. N -
Si muovono e quindi danno l’aria.
[La relazione di causa-effetto appare
invertita, ma non dimentichiamo l’ipotesi che i bambini stiano in realtà
rispondendo alla domanda: quali esperienze percettive sono associabili all’ “aria”
?]
41. [chiacchiere
incomprensibili sovrapposte]
43. J -
allora basta.
45. N -
Anche quando nel “Principe d’Egitto” ci stanno quei cosi con sopra tutte piume
e fanno aria al principe d’Egitto.
[Vedi 35.]
47. TUTTI
– Nooo!
48. Caterina
- Sì c’era, però per dargli anche un po’ più aria.
[La relazione causale non ha una forma
verbale stabile, ma sembra essere presente in modo implicito. È come se fosse in
costruzione, o su una soglia.]
49. Matteo
– Perché, se non esistevano gli uomini, non esisteva neanche l’acqua, perché
non l’avevano messa e i pesci non potevano sopravvivere, morivano subiti…
[Sembra un classico piagettiano.]
50. Lucrezia
– Subito,
51. Eugenio
- Sono d’accordo con Matteo perché… l’acqua se gli uomini non esistevano
l’acqua non esisteva nemmeno lei, perché è gli uomini che hanno dato l’acqua.
52. INS - E l’aria chi l’ha creata?
53. Eugenio
– Eh, l’aria… Gesù.
[Precedentemente i bambini si riferivano
essenzialmente ad una attività “tecnologica” umana; l’intervento
dell’insegnante sposta il discorso; il termine “creare”, usato probabilmente in
modo involontario, funge evidentemente da segna-contesto
linguistico, aprendo un campo semantico diverso.]
54. Matteo
- O Dio, l’aria…
55. [parlano
tutti insieme]
57. Matteo
- Perché ha creato tutto Gesù, se no niente no… quando esistevamo noi non c’era
niente, neanche da mangiare.
[Nell’immagine mitica della creazione
immette una dose di buon senso pratico. C’è un ragionamento su una base di
pensiero ipotetico deduttivo (“se no…”).]
59. S -
Perché Gesù…
60. Matteo
- Prima l’aria e poi noi.
61. N –
No, guarda che Gesù prima ha creato gli animali, poi le scimmie, poi i babbuini
e poi siamo venuti noi…
[Elementi di informazione scientifica
(evoluzione) all’interno del mito. Probabilmente è una sintesi presente nella
cultura della chiesa cattolica.]
63. Matteo
– Perché, prima che esistevamo noi, ha creato i dinosauri qui, che poi ci sono
le ossa.
[Orientamento nel tempo.]
64. INS - Ma a quel punto c’era l’aria?
65. Matteo
– Sì.
67. Roberta
- Perché l’aria ci aiuta a vivere e… ci fa respirare.
69. A –
No! È trasparente…
[Non è banale che una cosa che non si vede sia “trasparente” .]
70. Roberta
- Trasparente come il vetro.
71. N -
Come la plastica.
72. [Roberta
alza la mano. confusione generalizzata]
74. Roberta
- I delfini…
[Riprende il filo di un suo discorso
(67) nonostante il successivo intervento su un altro argomento (70).]
75. [confusione]
76. INS - Io credo che abbiamo parlato tanto
e siamo stanchi, ma stiamo ancora un po’ tranquilli se no non si capisce
niente. Schh!
77.
Roberta - I delfini respirano l’aria che sta dentro il mare
e poi i delfini respirano l’aria…
[Cerca di tenere
insieme informazioni diverse tra cui manca quella cruciale, che cioè i pesci hanno
un sistema di respirazione diverso che gli consente di assorbire il gas sciolto
nell’acqua, un’idea molto astratta per i bambini perché priva di base
percettiva (la si può costruire attraverso l’osservazione di esperienze ad
hoc).]
78. N -
… e l’acqua.
80. Voci
– No!
81. Voci
– Si!
83. Anna
Rita - No, perché anche gli umani se stanno sotto l’acqua muoiono, perché…
[Argomentazione logica nel contesto di
un’interazione (Pontecorvo).]
84. Simone
- E ma i pesci non muoiono.
[Controargomentazione
(che si basa sulla stessa premessa: che respirare è necessario).]
86. Caterina
- L’ossigeno…
87. Lucrezia
- L’ossigeno con le bombole…
[Utilizzo di informazioni di origine
esterna contestualizzato nel discorso; quello che manca ai bambini non è la
logica nè l’informazione, è la pertinenza. Ma forse
86 e 87 si legano (con qualche passaggio non esplicitato) non a 85 ma 83 e cioè
all’immagine dell’uomo che va sott’acqua.]
88. Caterina
- … per andare sott’acqua e la maschera…
89. Francesca
– Maestra, io non ho parlato.
90. INS - Sì adesso comincia a
concludere Francesca se gli altri si
spostano, perché così non si capisce niente
91. Francesca
- Però l’ossigeno è quello più importante, perché dà perché ti fa respirare.
93. Lucrezia
- Dentro al corpo.
[Naturalmente non c’è alcuna ragione per
cui l’ossigeno debba essere bianco anziché trasparente, ma nel contesto credo
anch’io che il significato sia quello che coglie l’insegnante: “cercare un
indizio della presenza di ossigeno nell’acqua”. Ma forse l’intervento è ancora
più pertinente: il gas sciolto nell’acqua non è percepibile, mentre è
percepibile quando si aggrega in bolle, appunto nella schiuma.]
97. Roberta
- A volte sta […] gli uomini digeriscono nella terra e i pesci digeriscono
nell’acqua.
98. INS - Non ho capito, ma sentiamo
Lucrezia.
99. Lucrezia
- Io mae’ I delfini saltano sempre…
100.
S – Io!
101.
INS -
Se vogliamo continuare a parlare, vedo che avete le mani alzate, manteniamoci
concentrati sull’aria.
102.
Anna Rita - Se l’aria si unisce fa tanta aria
che spacca pure le case.
103.
INS -
Lui dice che l’aria si unisce…
104.
Anna Rita - Fa un vortice di aria.
[Dopo l’intervento di “contenimento
cognitivo” (101) i bambini tornano all’oggetto del discorso che per loro è
“quali esperienze percettive sono associabili alla parola aria”.]
105.
[confusione - rumori di cose che
sbattono - tutti alzano la voce]
107.
Anna Rita - A volte la corrente…
108.
S - Anche l’acqua è cattiva perché… perché
certe volte…
109.
[parlano tutti insieme]
110.
INS - Parliamo dell’aria.
111.
Eugenio - Certe volte l’aria fa venire anche
il terremoto.
[La relazione probabilmente è relativa
agli effetti distruttivi. L’associazione (immagini delle qualità dei fenomeni)
prevale ancora sulla causalità.]
112.
[parlano tutti insieme]
113.
INS – Schh!
credo che abbiamo detto tante cose e siamo stanchi.
114.
Anna Rita - Ho capito tutto: l’ossigeno non
viene dall’aria ma dal raggio del sole e dal ramo degli alberi.
[Entrano nel discorso, per associazione,
informazioni di provenienza esterna (anzi entra ciò che delle informazioni A ha
assimilato) sulla fotosintesi.]
115.
INS – Cioè? raccontami un po’.
116.
Anna Rita - Il raggio fa l’ossigeno…
117.
Lucrezia - Certe volte l’aria fa venire anche
il tornado.
119.
Eugenio - Maestra io non ho parlato.
121.
Lucrezia – Io!.
123.
Sara - Le bolle di sapone sono trasparenti
come il vento che non si vede.
[Geniale l’intuizione: che cioè le bolle
di sapone non sono vuote, ma piene d’aria; almeno così diremmo noi: lei dice
che hanno una parentela con il vento e che questa parentela ha a che fare con
la parola “aria”. Questa intuizione è legata all’idea di trasparenza, ovvero
che non vedere una cosa non vuol dire che quella cosa non c’è.]
124.
Lucrezia - Io non ho parlato mai.
125.
Anna Rita - Quando compri le bolle di sapone,
dentro, anche se ci sta il sapone, c’è sempre l’aria.
[Ecco esplicitata l’idea di Sara; il che
significa anche che Anna Rita ascolta e capisce Sara.]
126.
INS -
Tu ce la soffi dentro - no?- fai “fff...”
[Il sostegno dell’insegnante consiste
nel collegare l’idea all’esperienza. Sembra un paradosso, perché le idee dei
bambini dovrebbero nascere dall’esperienza personale, mentre l’insegnante
dovrebbe essere quello che immette nel campo cognitivo informazioni di origine
culturale; ma oggi di fatto i bambini fanno meno esperienze dirette e sono bombardati
da informazioni di provenienza esterna: non soltanto assimilarle è più
difficile che costruirle a partire dall’esperienza, ma questo processo più
difficile occupa più spazio cognitivo dell’altro, creando come una innaturale estraneità
all’esperienza diretta.]
127.
Caterina - Però scoppia in aria e però se non
c’era l’aria non viveva nessuno e non c’era l’acqua perché l’aria è fatta di
acqua.
129.
Caterina - L’ acqua è fatta di aria.
[La mia impressione è che Caterina si
faccia trascinare dalla foga di intervenire (quel “però” sembra indicare una
contrapposizione puramente relazionale, cui non corrisponde un conflitto
cognitivo sui contenuti) e dal filo delle associazioni, tanto che le stesse intuizioni
contenute nei suoi interventi, pertinenti all’oggetto e al contesto
dell’interazione (come l’idea che lo scoppio delle bolle è in relazione con
l’aria contenuta) vengono “travolte” dall’accumularsi di nuove idee di cui
perde il controllo.]
130.
INS – Ah: tu sei d’accordo con Roberta
che i pesci prendono l’aria dall’acqua che l’aria sta dentro l’acqua.
131.
Matteo – No, perché l’acqua fa tanta aria per
i pesci, perché se no non vivono.
133.
Eugenio - L’aria fa bene anche a tutte le
cose, perché l’aria se non c’era faceva morire tutti, anche Gesù.
134.
N - Anche le macchine: l’aria spinge le
macchine che faticano a partire.
[I bambini costruiscono conoscenza
costruendo linguaggio, ma gli elementi del linguaggio li pescano dall’ambiente
in cui sono usati in modo situato e non “scientifico” (“tirare l’aria” è il
modo di dire sintetico e impreciso con cui usualmente si indica l’azione sulla
leva dello “starter” delle automobili, che effettivamente aumenta la quantità d’aria
nella miscela, ma i bambini non hanno la consapevolezza “meta-cognitiva”
dell’uso delle virgolette).]
135.
[si sente sempre piu’
rumore]
137.
Anna Rita - Se c’è tanta aria e stai sempre
fuori co… tanta aria ti fanno male le orecchie…
[Anche qui “aria” sarebbe tra
virgolette, perché appartiene ad un altro campo semantico (come mostrano gli
interventi seguenti): viene “pescata” dall’esperienza del linguaggio familiare.]
138.
Eugenio - E anche la tosse…
139.
Anna Rita - … e il raffreddore.
140.
INS - Vediamo se vuole concludere Denise.
141.
[parlano tutti]
142.
Denise - Le macchine però inquinano l’aria.
[Raccoglie l’associazione tra macchine
ed aria proposta in 134 dandole un contenuto diverso.]
144.
Sara – Io!
145.
INS - Vediamo come finisce Sara.
146.
Sara - Io vorrei essere leggera, così potrei
volare.
[Altra proposta originale di una
relazione pertinente: aria-volo (e volo-peso).]
147.
Matteo - Se la vasca dei pesci non è grande,
i pesci sono strettissimi e dopo non ce la fanno a camminare…
[Volendo si potrebbero cogliere dei nessi con quanto precede: il
fatto che i bambini non li esplicitino mi sembra una caratteristica evolutiva,
e mi serve per ricordarmi che l’ ”ascolto” chiede una saggia “esitazione” nell’interpretare.]
148.
Eugenio – Io!… l’aria serve per noi
soprattutto.
149.
Anna Rita - Certo che gli uccelli volano:
c’hanno le piume che so’ leggerissime.
[Raccoglie il discorso di Sara (146)
collegando aria-volo-peso.]
150.
INS – Insomma, alla fine non ho capito se l’aria c’entra con l’acqua.
151.
Voci – No!
152.
Voci – Sì!
153.
INS – Umh, basta ora che non si capisce più niente!… Sì, solo
Caterina che non ha mai parlato, ma poi basta davvero
154.
Caterina - Secondo me l’aria sarebbe che se
un giorno piove con sole, c’è sole e pioggia, la pioggia potrebbe fare il
vapore con il sole con la pioggia e il vapore è l’aria.
[Nonostante la confusione raccoglie la domanda dell’insegnante con
grande pertinenza scientifica. Mi sembra dal linguaggio che ci sia una
rielaborazione cognitiva personale di informazioni e forse anche di
osservazioni (lo sviluppo, dal punto di vista dell’educazione scientifica, potrebbe
essere proprio quello di promuovere l’osservazione fornendo una base
sperimentale). Un bel regalo finale per l’insegnante maestra comunque.]
Hai visto che cosa incredibile la storia del “creare” nella mia
prima conversazione con i bambini? In questi casi uno capisce come le parole
non sono così banali come sembrano, ma si portano dietro degli universi semantici.
Io, almeno consapevolmente, ho usato il termine “creare” in senso
di “fare”, nel senso tecnologico, un tecnologico un po’ speciale perché si
doveva inventare, infatti forse il termine era “inventare”... Per una volta che
i bambini, autonomamente, non si riferiscono a Gesù o Dio, come avviene di
solito in un discorso che riguarda l'origine delle cose, ma mantengono un piano
fenomenico, io li devio verso il mistico; al primo “Gesù” espresso ho capito il
grave errore commesso.
Poi era tanto potente il loro discorso che alla fine ha integrato
pure Gesù; infatti uno ad un certo punto ha detto "neanche Gesù",
intendendo che se non “si faceva” l'aria pure Gesù moriva.
Questo inciampo, però, è molto interessante dal punto di vista
della negoziazione del significato e di quanto il contesto conversazionale
guida il senso. Voglio dire che non credo che si possa ovviare a questo problema
con l'autocontrollo perché la conversazione è una azione.
Avevo ragione allora ad essere spiazzato
dal tuo intervento: sei stata tu a introdurre il tema "religioso".
Anch'io penso che certe parole funzionano da segna-contesto.
Tu però dici che i bambini
spontaneamente non si riferivano a Dio o Gesù nel discorrere sull'origine delle
cose; questo forse ci dice che questo è un campo di significati molto
"sovrastrutturale", molto importato dall'esterno. Il discorso può
valere per tutta la cultura, ma io, sulla base di ciò che succede per le
questioni "scientifiche", farei distinzione tra le
informazioni che i bambini recepiscono dall'ambiente, accumulano e
restituiscono tali e quali perché pensano che dire quelle cose li faccia
accettare dagli adulti, e invece ciò che assimilano facendolo interagire con
processi "interni", generati dalle spontanee domande che si pongono
sul mondo (ho detto "distinzione" ma naturalmente si tratta
di due dinamiche interagenti). In questo caso non sto dicendo che Gesù sia
un'idea raccolta dall'ambiente e non assimilata come la
"fotosintesi", ma mi chiedo: dei discorsi su Gesù che cosa
assimilano i bambini? La mia ipotesi è che ne assimilano l'aspetto mitico,
che risponde ad un bisogno cognitivo(-affettivo), ma non lo specifico storico e
religioso. Insomma vorrei verificare che cosa succede se nel discorso si
inserisse Picaciù invece di Gesù, ovvero un'altra
figura segna-contesto di un campo semantico mitico
che i bambini frequentano (frequentano collettivamente con tutti gli effetti di
rinforzo culturale che ciò comporta).
Sono d'accordo: sicuramente l'istanza sulle origini e sui fini è
presente in loro, possiamo dire che antropologicamente è presente nell'uomo,
altrimenti adesso non ci dovremmo stare a leggere, pure con interesse, tutti i
trattati filosofici; e credo anche che la riduzione catechistica dell'istanza
allontana da una vera indagine problematica, perché mette dei contenuti e in
questo modo maschera un bisogno che è conoscitivo.
La cosa che per me è ancora più intrigante, però, è come
nell'interazione i significati dipendano dal contesto più che dai singoli
interventi; e allora come funziona questo contesto?
Se ho capito bene la domanda, il
"contesto" di cui parli è la cultura e il problema che poni è come si
trasmette (riproduce, evolve ...). Quello che credo di avere imparato
dalle conversazioni è che i bambini prelevano le parole dal bagno di linguaggio
quotidiano in cui sono immersi; queste parole si trascinano dietro il
campo semantico in cui sono state scambiate (complesso, spurio, "glocale"...), ma poi i bambini nella
loro esplorazione del mondo fanno un "andirivieni tra parole e
cose" in cui personalizzano in base all'esperienza e contemporanemente contrattano, mediano socialmente,
nell'interazione col gruppo, i significati.
I significati allora, più o meno
stabilizzati, in equilibrio dinamico tra uso locale contestualizzato e valore universale
veicolato dai mass media e dall'insegnamento (familiare e scolastico), vengono
continuamente rimodellati: presi dalla società, messi in gioco nell'esperienza,
ricontrattati nel gruppo locale, rimessi in circolo nella società.
In questo caso l'interazione in cui si
giocano i significati è quasi esclusivamente linguistica: che esperienza c'è
dell'origine delle cose? c'è una possibilità di un riferimento esperienziale
nella "metafora del sé"? il mito che rapporto ha con la realtà
dell'esperienza? Non mi convince la risposta che l'esperienza di cui si parla
in questo caso sia un'esperienza solo "interna" o
solo "affettiva". L' "immaginazione", che mi sembra
abbia un posto in questo discorso, mi pare proprio emblematica della non
separazione tra interno ed esterno (le immagini possono essere create
all'interno, ma credo non esistano immagini che non derivino da percezioni,
direttamente o per "modulazione").
Insomma la domanda potrebbe essere: di
che parlano i bambini quando parlano di Gesù e di Dio? Lo so che nei libri ci
sono un sacco di risposte, ma mi interessa di più cercare la risposta
osservando i bambini. Forse il fatto di avere alunni piccoli può essere un'opportunità
di osservare le dinamiche culturali nelle loro manifestazioni più originarie.
Hai ragione sia sul sacro sia sul modo in cui in generale i bambini
conoscono. Il discorso più grosso, nel senso che non riguarda solo i bambini ma
anche noi, è: quanto quello che diciamo dipende dal contesto, ne è influenzato?