Marcello Sala - conversazioni in classe - registrazioni e commenti

 

Classe 4^  2003 –2004  S.E.S.Franceschini” Rho  (MI) - Insegnanti Belloli e Pirola

ACQUA CHE SALE

 


Laboratorio all’interno della “Settimana delle scienze”

Quesito posto: “è possibile che l’acqua si muova dal basso verso l’alto?”

[Sarebbe importante, per chi legge senza essere stato presente, che venisse brevemente descritto il contesto: da che cosa è stata preceduta la domanda? in quali circostanze è stata posta?]

1.    La classe tace riflettendo sulla possibile risposta.

[Premesso che qualunque azione cognitiva avviene in un contesto che la condiziona, è importante, per interpretare ciò che dicono i bambini, comprendere quale sia il contesto in cui si immaginano di interagire. In genere il fatto che l’insegnante faccia una domanda è un “segna-contesto” che introduce ad una situazione che viene percepita come “interrogazione”, situazione tipica della scuola in cui è essenziale rispondere in modo da soddisfare l’insegnante (è un “luogo comune” della cultura, una rappresentazione sociale in cui tutti siamo coinvolti al di là delle intenzioni). Da questo punto di vista qui è difficile “indovinare” quale può essere la risposta “giusta” da dare all’insegnante; di qui lo “spiazzamento” dei bambini, che però introduce più velocemente in un altro contesto della conversazione, che potremmo chiamare “ricerca”: quello in cui si viene coinvolti nella ricerca comune di una soluzione ad un problema “vero” (aperto).]

2.    Insegnante - Vi vedo un po’ perplessi. Di solito l’acqua come si muove?

3.    Riccardo G. - Dall’alto verso il basso.

[Questo scambio conferma che c’è qualcosa di “strano” e che quindi si tratta di un vero problema.]

4.    Ins. - Tutti d’accordo?

5.    Classe - Sì, sì, dall’alto verso il basso.

6.    Ins. - è possibile il contrario?

7.    Classe - Sì.

8.    Martina -  Ma come? L’acqua dal basso verso l’alto?

9.    Ins. - Avete detto di sì. Perché?

10. Riccardo G. - Perché quando c’è il secchio d’acqua, se tu metti dentro qualcosa, se affonda la pressione dell’acqua si alza, se rimane a galla no.

[Se togliamo la parola “pressione”, di cui è difficile che i bambini conoscano il significato, mi pare che si riferisca al caso in cui un oggetto che affonda, fa SALIRE il livello dell’acqua. Si tratta quindi di un esempio pertinente (in realtà l’acqua sale anche se l’oggetto galleggia, ma di meno).]

11. Ins.- Sì, ma ho fatto un’altra domanda: ho chiesto se è possibile che l’acqua dal basso possa salire verso l’alto, in modo continuativo, non per un secondo.

[Sembra che l’insegnante non afferri che si tratta di una risposta pertinente (forse perché ha in mente un’altra situazione). Il bambino si troverà in difficoltà (rispetto alla soluzione del problema) perché il suo esempio giusto rispetto alla domanda ha ricevuto una disconferma da parte dell’insegnante. Questa incomprensione potrebbe mettere in difficoltà i bambini anche ad un livello “meta-”, a livello del contesto: se una risposta pertinente non è accettata dall’insegnante allora forse non è vero che si tratta di un problema aperto e invece si tratta di trovare la risposta “giusta” (a giudizio dell’insegnante che sa già la risposta); si torna cioè all’ “interrogazione”.]

12. Riccardo P. - Sì è possibile.

13. INS. - Perché?

14. Riccardo P. - Sì, è perché se… come dire… la canna…

15. INS. - Dove succede?

16. Riccardo P. - Se metti la canna... il pezzo di canna nel recipiente d’acqua e lo vuoti te non soffi, lo aspiri e poi lo lasci andare…

[Un altro esempio pertinente: la situazione è quella familiare (i bambini si riferiscono a ciò che fa parte della loro esperienza) del “succhiare” una bibita con la cannuccia, o addirittura dell’operazione che si fa quando si imbottiglia il vino.]

17. INS. - Sì, ma come la metti la canna dentro il recipiente?

18. Riccardo P. – Eh, lo infili dentro!

19. INS. - Sì, verso l’alto o verso il basso?

20. Alessandra - Eh, il contrario…

21. Riccardo P. - Verso l’alto.

22. Riccardo G. - No, no.

23. Martina - Verso il basso!

24. Alessandra - Sì, , con la punta verso l’alto.

25. Martina - Ma come fai?

[Qui non mi è chiaro quale relazione abbia questo dettaglio rispetto al problema posto. Forse c’è un malinteso sulla situazione cui ci si riferisce.]

26. INS. - Ma io vi chiedo se è possibile che l’acqua dal basso…

27. Alessandra - Al contrario!

28. Riccardo G. - No.

29. INS. - C’è secondo voi qualcosa in cui avete visto che l’acqua non va dall’alto verso il basso, ma dal basso verso l’alto?

30. Riccardo G. - La pompa.

[Evidentemente Riccardo non si è fatto smontare dalla disconferma ricevuta in precedenza; in lui vince la voglia di trovare la risposta. E questo mostra come le differenze caratteriali giochino come capacità di ricoprire ruoli nella conversazione e come tali siano interessanti per l’insegnante.]

31. Ins. - La pompa di cosa?

32. Alessandra - La pompa, quella del…

33. Riccardo G. - Ah, l’edificio che è più alto … [fa riferimento al principio dei vasi comunicanti spiegato nel funzionamento dell’acquedotto].

[Effettivamente c’è una pompa che spinge l’acqua nel serbatoio in alto e poi da lì scende per caduta. Questo intervento rende esplicito che c’è stata una esperienza che fa da riferimento per tutto il gruppo.]

34. Andrea - La fontana.

35. INS. - Sì, la fontana. Nella fontana l’acqua non fa così?

36. Classe -Sì.

37. INS. - Ma allora, c’è qualcosa nella fontana che aspira l’acqua e poi la butta fuori?

[Anche se è fatto come domanda, questo intervento in realtà suggerisce: la parola “aspirare” indica un’azione non banale contro pressione. Non è detto che i bambini ne abbiano già una rappresentazione mentale. In realtà si ricollega al loro “succhiare”, ma questo andrebbe esplicitato.]

38. Classe - No, no.

39. Riccardo G. - No, c’è un qualcosa…

40. INS. - Che cosa?

41. Stephanie - Un tubo.

42. Riccardo G. - Una pompa.

43. Martina - Una pompa che gira l’acqua.

[Il termine “gira” ci suggerisce qualcosa riguardo a come si immagina che funzioni una pompa (è diverso da “aspira”)]

44. INS. - Ma nel tubo l’acqua dove va?

45. Alessandra - Eh, sale.

46. INS. - Sale e basta?

[Questi interventi danno l’impressione che l’insegnante abbia in testa la sua risposta e il gioco sia quello di vedere chi si avvicina di più (tipo “fuoco/fuochino/acqua”). L’insegnante non dice la sua nel merito del problema, ma definisce il contesto entro cui i bambini si muovono.]

47. Martina - Eh no, cioè…

48. Riccardo G. - C’è un motore e…  c’è un motore che prende l’acqua e con la forza la spinge su.

[L’intuizione importante è che l’acqua non può andare verso l’alto se non è spinta da una forza che superi la gravità: di qui il “motore”.]

49. INS. - Le fontane le hanno costruite gli uomini moderni o c’erano già dai tempi antichi quando il motore non c’era ancora?

[L’insegnante qui fa una azione fondamentale: apre un “conflitto cognitivo”, cioè mette in discussione un’affermazione, non dicendo che è sbagliata, ma evidenziando una contraddizione con altre affermazioni dello stesso bambino o di altri, con dati di esperienza o con informazioni in possesso dei bambini.

Qui l’insegnante interpreta “motore” come macchina e la contestazione che apre su questo è pertinente. Forse però la cosa più importante nell’intervento del bambino era la necessità di una “forza motrice” qualunque. Oppure l’intervento dell’insegnante va proprio nel senso di allargare il concetto di “motore” a “forza motrice”?]

50. Riccardo G. - Dai tempi antichi.

51. INS. - E come facevano? Andavano gli uomini e la buttavano fuori così? [fa con le mani il gesto di buttare acqua fuori]

52. Riccardo P. - Se mettevi un tubo, l’acqua prima o poi saliva e poi usciva da sopra.

53. INS. - Perché saliva?

54. Riccardo P. - E perché non sapeva dove andare, cioè poteva solo salire.

55. Martina - La pressione dell’acqua…

[Tipico esempio di come i bambini usano le parole che “pescano” dall’ambiente (in questo caso “pressione”) come una specie di “etichetta” che si mette sopra una cosa, un’azione, un fenomeno dopo che se ne è fatta esperienza e nel momento in cui la si è interpreta. È un processo spontaneo nello sviluppo dei bambini ed è anche il modo in cui si forma il linguaggio scientifico; per questo è inutile “insegnare” concetti scientifici ai bambini attraverso le parole: se li costruiscono da soli. A proposito di linguaggio: l’espressione “non sapeva dove andare” (che è molto adeguata per interpretare e comunicare ad altri ciò che si percepisce) non va interpretata come manifestazione di “animismo” (si attribuisce un’intenzionalità simile a quella umana anche a elementi inanimati), ma come un consapevole uso di una metafora, uso di cui i testi scientifici sono pieni là dove non fanno ricorso alla rappresentazione matematica.]

56. Andrea - Eh, ma allora sta ferma.

57. Riccardo P. - Deve esserci il buco della grandezza giusta. Se sale sempre, la fine del recipiente è grande come il tubo.

58. INS. - Tu dici che se l’acqua continua ad aumentare di livello nel recipiente, allora sale anche nel tubo.

59. Riccardo G. - ... perché evapora.

[Il termine (“evapora”) non è pertinente al fenomeno che si sta descrivendo, ma introduce (con una specie di salto) un’altra situazione molto pertinente al salire dell’acqua (anzi mi sembra una dimostrazione di creatività cognitiva). Detto in altre parole, il fatto che un intervento sia pertinente dipende da quale campo di pertinenza si decide di assumere. In questo senso l’insegnante si trova a dover scegliere tra la capacità di accogliere ciò che i bambini spontaneamente elaborano e una funzione fondamentale di “contenimento cognitivo”  (i bambini si mettono in relazione con il flusso continuo e illimitato di accadimenti del mondo reale; è la cultura adulta che lo delimita in fenomeni che ordina in campi e aree disciplinari; l’insegnante fa da mediatore).

La soluzione potrebbe essere di raccogliere l’intervento rimandandone a dopo la discussione (tipo: “come mai hai detto ‘evapora’?… aspetta: prima concludiamo sulla fontana poi ritorniamo sull’evaporazione”.]

60. INS. - Ma tu vedi tutta l’acqua delle fontane evaporare contemporaneamente? Pensate anche al sistema di irrigazione in mezzo ai prati. Anche lì l’acqua va dal basso verso l’alto.

61. Marco M.  - La pressione.

62. INS. - Spiega cosa vuoi dire. È vero: l’acqua ha una pressione, ma cosa fa questa pressione?

63. Riccardo G. – Eh, la fa salire nel tubo.

64. Marco M. – Eh, l’acqua quando c’è la pressione va su.

65. INS. - Ma allora cos’è questa benedetta pressione?

66. Riccardo G. - è come l’aria… No, no.

67. Martina - E’ come la pentola a pressione che…

68. Andrea - è l’aria che preme l’acqua e la fa…

69. Riccardo G. - Spinge; l’acqua spinge.

70. Alessandra - C’è questa pressione che spinge e porta su l’acqua.

[La domanda “che cos’è?” non ha affatto un significato “universale”. Si colloca invece a valle di premesse filosofiche molto particolari di cui non siamo consapevoli perché ci viviamo dentro, ma che non sono condivise dai bambini (è come parlare italiano, che per noi è un linguaggio “naturale”, con uno straniero). A pensarci bene la domanda implica che la pressione sia una “cosa”; questo è un modo di pensare tipico del pensiero occidentale dopo Platone e Aristotele: esistono delle “sostanze” che hanno delle proprietà e anche eventualmente delle relazioni tra di loro. Purtroppo con queste premesse è impossibile comprendere la maggior parte dei fenomeni scientifici che sono azioni e relazioni. I bambini di solito nella loro mente cambiano la domanda e la traducono nel loro modo di pensare come se fosse  “quali fenomeni tra quelli che percepisco si possono associare a questa parola?”. Ecco che le loro risposte diventano perfettamente pertinenti.]

71. INS. - Allora mi state dicendo che l’acqua viene spinta dalla pressione?

[Da notare che i bambini all’inizio avevano detto che a spingere è l’acqua o l’aria, che sono entità meno astratte della pressione.]

72. Classe - Sì, la spinge.

73. INS. - Sì, ma la pressione di chi? Chi spinge l’acqua?

74. Riccardo G. - Il motore.

75. Fabio - L’aria.

76. INS. - Allora devo soffiare dentro alla fontana?

77. Classe - No, come fai?

 

La classe, guidata dalle insegnanti, prova a sperimentare il principio che permette di far zampillare l’acqua nelle fontane. Vengono usati catini, tubi in gomma, nastro adesivo, imbuti, spilli.

 

78. INS. - Quando il bacino sta più in basso rispetto al punto in cui dovrebbe zampillare l’acqua non succede nulla; se invece è più in alto cosa succederà?

79. Riccardo G. - Il principio dei vasi comunicanti!

80. Ins. - Dove l’abbiamo già visto?

81. Andrea - Nell’acquedotto.

82. INS. - Che cosa spinge l’acqua?

83. Andrea - Il peso dell’acqua spinge l’acqua e la incanala nei tubi.

[Altra intuizione: il rapporto tra il peso e la pressione esercitata. Importante perché mette in relazione i due fenomeni, ma ancora prima perché li distingue.]

84. INS. - Diciamolo meglio: il peso dell’acqua che si trova nel bacino spinge, o meglio, esercita una pressione sull’acqua che viene incanalata attraverso dei tubi e raggiunge le abitazioni, le fontane, ecc. e permette all’acqua di zampillare dal basso verso l’alto.

85. Stefano - Sì, ma se il bacino è lontano?

86. INS. - Allora possono intervenire le pompe o i motori per aiutare l’acqua ad incanalarsi.

[In realtà se il bacino lontano è più alto non c’è alcun bisogno di motori, come dimostrano i lunghissimi acquedotti romani. In altre parole la lontananza non è pertinente. Lo diventa nella pratica ma per altri fenomeni relativi alla tenuta dei tubi ecc. Interessante è il rovesciamento di ruoli: il bambino apre il conflitto cognitivo su un’affermazione dell’insegnante; evidentemente è pienamente dentro il contesto della ricerca collettiva.]